Quello che segue è il dialogo San Serafino di Sarov e un suo discepolo Nikolai Aleksandrovich Motovilov (1809-1879).
Sergio Nilus, scrittore al quale venne affidato il manoscritto di Motovilov settanta anni dopo il dialogo (1903), dalla vedova di quest’ultimo, scrive nella sua postfazione a uno dei testi più belli del cristianesimo contemporaneo:
Non sta a me divulgare e sottolineare l’importanza di questo scritto che, d’altra parte, non ha bisogno di commenti, presentandosi di per sé con tale autorità da non temere critica alcuna. Ma dovevate vedere in che stato mi furono consegnate le carte di Motovilov che racchiudevano un simile tesoro! Coperte di polvere, di piume di piccioni, di escrementi di uccelli, erano mischiate ad alcune fatture, a fogli di contabilità agricola privi d’interesse, a copie di richieste burocratiche e di lettere personali, tutto alla rinfusa! L’intero pacco pesava più di quaranta chili. I fogli erano in pessimo stato e la calligrafia era così fitta ed illeggibile che rimasi spaventato. Come avrei potuto capirci qualcosa?
Cercando di orientarmi in quel caos, incontrai numerose difficoltà, la calligrafia era per me una vera e propria pietra d’inciampo ed ero sul punto di disperare. Ma ogni tanto, in mezzo a quella confusione, brillava come una scintilla una frase indecifrabile: “Padre Serafino mi diceva…” Che cosa diceva? Che cosa nascondevano quei geroglifici incomprensibili? Ero desolato.
Mi ricordo che una sera, dopo un’intera giornata di lavoro faticoso e infruttuoso, non potendone più, esclamai: “Padre Serafino, è mai possibile che tu abbia fatto giungere fino a me dalla lontana Divejevo questo manoscritto del tuo “piccolo servitore” Motovilov perché ricadesse indecifrato nell’oblio?” L’invocazione nasceva dal fondo del cuore. L’indomani mattina, rimettendomi a rovistare nelle carte, capitai subito sul manoscritto e contemporaneamente ebbi la capacità di leggere la calligrafia di Motovilov..
Vi potete immaginare la mia gioia e il mio stupore di trovarmi di fronte a queste parole: “Io invece – rispose lo staretz – credo che Dio ti aiuterà a conservare per sempre il ricordo di queste cose. Altrimenti non si sarebbe lasciato commuovere così velocemente dall’umile preghiera del miserabile Serafino, né avrebbe esaudito così prontamente questo desiderio. Tanto più che non è stato concesso soltanto a te di vedere la manifestazione di questa grazia, ma anche, attraverso di te, al monto intero”.
Durante settanta lunghissimi anni questo tesoro è rimasto sepolto in un granaio, sotto una montagna di vecchie cartacce, ed ecco che ora sta per venire alla luce. In che occasione? Alla viglia della canonizzazione di colui al quale la Chiesa Russa comincia a rivolgersi dicendo: “Padre Serafino, prega Dio per noi!”.
***
Era un giovedì. Il cielo era grigio. La terra era coperta di neve. Spessi fiocchi continuavano a turbinare nell’aria quando Padre Serafino iniziò a conversare con me in una radura vicina al suo «piccolo eremitaggio» di fronte al fiume Sarovka che scorreva ai piedi della collina. Mi fece sedere sul ceppo d’un albero da poco abbattuto mentre lui si rannicchiò di fronte a me.
— Il Signore mi ha rivelato — disse il grande starez — che dalla vostra infanzia avete sempre desiderato sapere quale sia il fine della vita cristiana. Per questo avete interrogato diverse persone alcune dei quali ricoprivano anche alte cariche ecclesiastiche.
Devo dire che dall’età di dodici anni ero perseguitato da quest’idea e che, per questo, avevo rivolto tale domanda a parecchie personalità ecclesiastiche senza mai aver ricevuto una risposta soddisfacente. Lo starez avrebbe dovuto ignorare tutto questo.
— Ma nessuno — continuò Padre Serafino — vi ha mai detto niente di preciso. Vi consigliarono di andare in chiesa, di pregare, di vivere secondo i comandamenti di Dio, di fare del bene. Tale, vi dissero, era lo scopo della vita cristiana. Alcuni giunsero pure a disapprovare la vostra curiosità, trovandola fuori posto ed empia. Essi avevano torto. Quanto a me, miserabile Serafino, ora vi spiegherò in che consiste realmente questo fine.
La preghiera, il digiuno, le veglie e le altre attività cristiane, per quanto possano parere buone, non costituiscono il fine della vita cristiana ma sono il mezzo attraverso il quale vi si può pervenire. Il vero fine della vita cristiana consiste nell’acquisire lo Spirito Santo. Per quel che riguarda la preghiera, il digiuno, le veglie, l’elemosina ed ogni altro tipo di buona azione fatta in nome di Cristo, non sono che dei mezzi per acquisire lo stesso Spirito.
Il nome di Cristo
Ricordate che solo una buona azione fatta nel nome di Cristo ci procura i frutti dello Spirito Santo. Tutto quanto non è fatto in suo nome, fosse pure il bene, non ci può ottenere alcuna ricompensa, né nel secolo futuro, né in questa vita mentre su questa terra non ci dona la Grazia divina. È per questo che Gesù Cristo diceva: «Colui che non accumula con me disperde» (Lc 11,23).
Pertanto, si è obbligati a chiamare una buona azione «cumulo» o «raccolta», perché essa resta buona anche se non è fatta in Nome di Cristo. La Scrittura dice: «In ogni nazione colui che teme Dio e pratica la giustizia gli è accetto» (At 10,35). Il centurione Cornelio, che temeva Dio e agiva secondo giustizia, fu visitato mentre pregava da un angelo del Signore che gli disse: «Manda dunque due uomini a Giaffa e fa’ venire un certo Simone soprannominato Pietro. Da lui ascolterai della parole di vita eterna con le quali sarai salvato con tutta la tua casa» (At 10,5).
Vediamo, dunque, che il Signore utilizza i suoi mezzi divini per permettere a un simile uomo di non essere privato nell’eternità della ricompensa che gli è dovuta. Per ottenerla è necessario che si cominci già da ora a credere in Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, disceso sulla terra per salvare i peccatori e per far acquisire loro la grazia dello Spirito Santo che introduce i nostri cuori nel Regno di Dio e ci apre la via della beatitudine nella prossima vita. Non va oltre a ciò la soddisfazione arrecata a Dio dalle buone azioni compiute indipendentemente dal Nome di Cristo. Il Signore ci dona i mezzi per perfezionarle. Sta all’uomo approfittarne o meno. È per questo che il Signore dice ai giudei: «Se voi foste ciechi, sareste senza peccato ma voi stessi dite: ‘Noi vediamo!’ Perciò il vostro peccato rimane (Gv 9, 41). Quando un uomo come Cornelio le cui opere non erano fatte nel Nome di Cristo, ma erano gradite a Dio, comincia a credere nel Suo Figlio, queste opere gli sono attribuite come se fossero fatte nel nome di Cristo a causa della sua fede in Lui. (Eb 11, 6). In caso contrario, l’uomo non ha il diritto di contestare se il bene compiuto non gli è servito a nulla. Questo non succede mai quando una buona azione viene fatta nel Nome di Cristo, perché il bene compiuto in suo Nome non porta solo una corona di gloria nel secolo venturo, ma già ora riempie l’uomo della grazia dello Spirito Santo, com’è stato detto: «Dio dona lo Spirito senza misura. Il Padre ama il Figlio; Egli ha posto tutto nelle sue mani» (Gv 3,34-35).
L’acquisizione dello Spirito Santo
Acquisire lo Spirito di Dio è dunque il vero fine della nostra vita cristiana al punto che la preghiera, le veglie, il digiuno, l’elemosina e le altre azioni virtuose fatte in Nome di Cristo non sono che dei mezzi per tal fine.
— Che significa acquisirlo? – Domandai a Padre Serafino. – Non ne capisco bene il significato.
— Acquisire, ha lo stesso significato di ottenere. Sapete cosa vuol dire acquisire del denaro? Per quanto riguarda lo Spirito Santo è la stessa cosa. Il fine della vita delle persone comuni consiste nell’acquisire denaro, nel fare un guadagno. I nobili, inoltre, desiderano ottenere onori, titoli di distinzione e altre ricompense che lo Stato accorda loro per determinati servizi. L’acquisizione dello Spirito Santo è anche un capitale, ma un capitale eterno, dispensatore di grazie; è molto simile ai capitali temporali e si ottiene con gli stessi procedimenti. Nostro Signore Gesù Cristo, Dio-Uomo, paragona la nostra vita ad un mercato e la nostra attività sulla terra ad un commercio. Egli ci raccomanda: «Negoziate prima che io ritorni economizzando il tempo perché i giorni sono incerti» (Lc 19,12-13; Ep 5,15-16), il che vuol dire: «Sbrigatevi ad ottenere dei beni celesti negoziando i prodotti terreni». Questi prodotti terreni non sono altro che le azioni virtuose fatte in Nome di Cristo le quali ci ottengono la Grazia dello Spirito Santo.
La parabola delle vergini
Nella parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte (Mt. 25, 1-13) quando quest’ultime finiscono l’olio viene detto loro: «Andate a comperarlo al mercato». Tornando esse trovano la porta della camera nuziale chiusa e non possono entrare. Alcuni pensano che la mancanza d’olio delle vergini stolte simbolizzi l’insufficienza di azioni virtuose nel corso della loro vita. Tale interpretazione non è esatta. Quale mancanza d’azioni virtuose potevano avere, visto che vengono chiamate comunque vergini, anche se stolte? La verginità è una grande virtù, uno stato quasi angelico che può sostituire tutte le altre virtù. Io, miserabile, penso che mancasse loro proprio lo Spirito Santo di Dio. Praticando le virtù, queste vergini spiritualmente ignoranti, credevano che la vita cristiana consistesse in tali pratiche. Ci siamo comportate in maniera virtuosa, abbiamo fatto delle opere pie — pensavano loro — senza preoccuparsi se avessero ricevuto o no la grazia dello Spirito Santo. Su questo genere di vita, basato unicamente sulla pratica delle virtù morali senza alcun esame minuzioso per sapere se esse ci rendono — e in quale quantità — la grazia dello Spirito di Dio, è stato detto: «Alcune vie che paiono inizialmente buone conducono all’abisso infernale» (Pr 14,12)
Parlando di queste vergini, nelle sue Lettere ai Monaci Antonio il Grande dice:
«Parecchi tra i monaci e le vergini ignorano completamente la differenza che esiste tra le tre volontà che agiscono dentro l’uomo. La prima è la volontà di Dio, perfetta e salvatrice; la seconda è la nostra volontà umana, che per se stessa non e ne rovinosa né salvatrice; la terza — quella diabolica — è decisamente nefasta. È questa terza nemica volontà che obbliga l’uomo a non praticare assolutamente la virtù o a praticarla per vanità o unicamente per il «bene» e non per Cristo. La nostra seconda volontà ci incita a soddisfare i nostri istinti malvagi o, come quella del nemico, c’insegna a fare il “bene” in nome del bene, senza preoccuparsi della grazia che possiamo acquisire. Quanto alla terza volontà, quella salvatrice di Dio, essa ci insegna a fare il bene unicamente per il fine di acquisire lo Spirito Santo, tesoro eterno ed inestimabile, che non può essere uguagliato con nulla al mondo».
È proprio la Grazia dello Spirito Santo simbolizzata dall’olio che mancava alle vergini stolte. Esse sono chiamate «stolte» perché non si preoccupano del frutto indispensabile della virtù cioè la Grazia dello Spirito Santo senza la quale nessuno può essere salvato perché «ogni anima è vivificata dallo Spirito Santo per essere illuminata dal sacro mistero dell’Unità Trinitaria» (Prima Antifona al Vangelo del Mattutino). Lo stesso Spirito Santo viene ad abitare nelle nostre anime e questa presenza dell’Onnipotente in noi, questa coesistenza della sua Unità Trinitaria con il nostro spirito non ci è donata che a condizione di lavorare con tutti i mezzi a nostra disposizione per ottenere lo Spirito Santo il quale prepara in noi un luogo degno per quest’incontro, secondo l’immutabile parola di Dio: «Io verrò e abiterò in essi. Sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo» (Ap 3,20; Gv 14,23). È questo l’olio che le vergini sagge avevano nelle loro lampade, olio in grado di bruciare per molto tempo diffondendo una luce forte e chiara per poter permettere l’attesa dello Sposo a mezzanotte ed entrare con lui nella camera nuziale dell’eterna gioia.
Quanto alle vergini stolte, vedendo che le loro lampade rischiavano di spegnersi, esse si recarono al mercato ma non poterono tornare prima della chiusura della porta. Il mercato è la nostra vita. La porta della camera nuziale, chiusa per impedire di raggiungere lo Sposo, è la nostra morte umana; le vergini, sia quelle sagge che quelle stolte, sono le anime dei cristiani. L’olio non simbolizza le nostre azioni, ma la Grazia attraverso la quale lo Spirito Santo riempie il nostro essere trasformandoci da corrotti ad incorrotti. Così la Grazia trasforma la morte fisica in vita spirituale, le tenebre in luce, la schiavitù verso le passioni alle quali è incatenato il nostro corpo in tempio di Dio, cioè in camera nuziale dove incontriamo Nostro Signore, Creatore e Salvatore, Sposo delle nostre anime. Grande è la compassione che Dio ha verso la nostra disgrazia. E la nostra disgrazia non è altro che la nostra negligenza verso la sua sollecitudine. Egli dice: «Io sono alla porta e busso…» (Ap 3, 20), intendendo per “porta” la nostra vita presente non ancora conclusa con la morte.
La preghiera
Oh! Quanto vorrei, amico di Dio, che in questa vita voi siate sempre con lo Spirito Santo. «Vi giudicherò nella situazione in cui vi troverete» dice il Signore (Mt 24, 42; Mc 13, 33-37; Lc 19,12 e ss.). È una disgrazia veramente grande se egli ci trova appesantiti dalle preoccupazioni e dalle pene della terra perché Egli potrebbe adirarsi, nel qual caso chi gli potrebbe resistere? È per questo che è stato detto: «Vegliate e pregate per non essere indotti in tentazione» (Mt 26,41), il che comporta non essere privati dallo Spirito di Dio visto che le veglie e la preghiera ci donano la Sua Grazia.
Sicuramente ogni buona azione fatta in Nome di Cristo dona la grazia dello Spirito Santo, ma è soprattutto la preghiera che ottiene ciò al di sopra d’ogni altro mezzo, essendo essa sempre nelle nostre possibilità. Ad esempio, voi avete il desiderio di recarvi in chiesa, ma essa è troppo distante o la liturgia è finita; avete il desiderio di fare l’elemosina, ma non vedete alcun povero o non avete il denaro; volete rimanere vergini ma non avete sufficiente forza per esserlo a causa della vostra costituzione o a causa degli attacchi del nemico davanti ai quali non potete resistere per la debolezza della vostra carne; vorreste fare una buona azione nel Nome di Cristo ma non avete sufficiente forza per eseguirla oppure l’occasione non si presenta. Per quel che riguarda la preghiera nulla la impedisce: ognuno ha la possibilità di pregare, il ricco e il povero, l’uomo benestante e quello indigente, il forte e il debole, il sano e il malato, il virtuoso e il peccatore.
Possiamo constatare la potenza della preghiera se osserviamo che essa ottiene i suoi risultati pure se è fatta da un peccatore, basta che sia sincera, come nell’esempio seguente riportato dalla Santa Tradizione. Una prostituta toccata dalla disgrazia d’una madre che stava per perdere il suo unico figlio vedendone la disperazione osò gridare verso il Signore benché fosse ancora insozzata dal suo peccato: «Non per me, orribile peccatrice, ma per le lacrime di questa madre che piange il suo figlio credendo fermamente nella tua misericordia e nella tua Onnipotenza, risuscitaglielo, o Signore!» E il Signore la esaudì (cfr. Lc 7,11-15).
Questa, amico di Dio, è la potenza della preghiera. Al di sopra d’ogni altra cosa essa ci dona la grazia dello Spirito di Dio ed essa rientra sempre nelle nostre possibilità. Beati saremo noi se Dio ci troverà vigilanti nella pienezza dei doni del suo Santo Spirito. Potremo allora sperare d’essere rapiti al di sopra delle nuvole per incontrare Nostro Signore rivestito di potenza e di gloria il quale giudicherà i vivi e i morti dando a ciascuno il dovuto.
Amico di Dio, voi vi degnate di pensare che c’è grande felicità nel parlare con il povero Serafino, credendo che egli non sia privo della grazia del Signore. Che cosa dovremmo allora dire del Signore stesso, la sorgente inesauribile di ogni benedizione celeste e terrena? Davvero nella preghiera ci viene concesso di conversare con Lui, il nostro glorioso e vivificante Dio e Salvatore. Ma anche qui dobbiamo pregare solo finché Dio Spirito Santo discende su di noi nella misura della Sua grazia celeste nota a lui. E quando Egli si degna di visitarci, dobbiamo smettere di pregare. Perché, infatti, dovremmo pregare “Vieni e dimora in lui e purificaci da ogni macchia e salva o Tu che sei Buono, le nostre anime” quando Egli è già venuto in noi per salvare noi che crediamo in Lui e invochiamo veramente il Suo santo Nome, noi che umilmente e con amore possiamo accoglierlo, Lui il Consolatore, nelle dimore delle nostre anime, affamati e assetati della Sua venuta?
Vi spiegherò questo punto, o Amico di Dio, con un esempio. Immagina che voi mi invitate a venirvi a trovare e, su vostro invito, io venga davvero a parlare con voi. Ma voi continuate a invitarmi dicendo: «Entra, te ne prego. Su, entra!». Io sarei obbligato a pensare: «Che cos’ha quest’uomo? È fuori di testa?»
Così è riguardo a nostro Signore Dio Spirito Santo. Ecco perché è detto: «Siate nella quiete. Sappiate che io sono Dio, eccelso tra le genti, eccelso sulla terra» (Sal 46,11). Cioè, io apparirò e continuerò ad apparire a chiunque creda in me e e mi invochi e io dialogherò con lui come un tempo dialogavo con Adamo in Paradiso, con Abramo e Giacobbe e l’altro mio servo, con Mosè e Giobbe, e gli altri come loro.
Molti spiegano che questo “stare nella quiete” si riferisce soltanto a questioni terrene. In altre parole, significherebbe che durante la conversazione orante con Dio dovremmo stare “quieti” riguardo alle questioni mondane. Ma io ti dico in nome di Dio che durante la preghiera non solo è necessario essere morti alle questioni mondane ma che, quando per il potere infinito della fede e della preghiera nostro Signore Dio Spirito Santo accondiscende di visitarci e viene in noi nella pienezza della sua inesprimibile bontà, dobbiamo essere morti anche alla preghiera stessa.
L’anima parla e conversa durante la preghiera, ma al momento della discesa dello Spirito Santo dobbiamo rimanere in totale silenzio per poter ascoltare chiaramente e intelligibilmente tutte le parole di vita eterna che Egli si degnerà di comunicarci. Si ha bisogno anche di sobrietà totale in anima e spirito e casta purezza del corpo. Le stesse richieste furono avanzate sul monte Horeb, quando agli israeliti fu detto di non toccare le loro mogli per tre giorni prima della manifestazione di Dio sul monte Sinai. Poiché il nostro Dio è un fuoco che consuma tutto ciò che è impuro, e nessuno che è macchiato nel corpo o nello spirito può entrare in comunione con lui.
Acquisizione della grazia
— Sì, Padre, ma che cosa dire delle altre buone azioni fatte per Cristo per acquisire la grazia dello Spirito Santo? Voi avete parlato soltanto di preghiera.
— Acquisisci la grazia dello Spirito Santo anche praticando tutte le altre virtù per Cristo. Commercia spiritualmente con esse; commercia con quelle che ti danno maggior profitto. Accumula capitali dalla sovrabbondanza della grazia di Dio, depositalo nella banca eterna di Dio che ti porterà un interesse immateriale, non quattro o sei per cento, ma il cento per cento per ogni rublo spirituale, e anche infinitamente di più di questo. Per esempio, se la preghiera e la veglia ti danno più grazia di Dio, veglia e prega; se il digiuno ti dà molto dello Spirito di Dio, digiuna; se fare l’elemosina ti dà di più, fa’ l’elemosina. Pesa ogni virtù operata per Cristo in questo modo.
Ora ti racconto di me, povero Serafino. Vengo da una famiglia di commercianti nel Kursk. Quando ancora non ero in monastero eravamo soliti commerciare con i bene che ci portavano il maggior profitto. Agisci così, figlio mio. E come per un commercio, il punto fondamentale non è soltanto commerciare, ma ottenere il maggior profitto possibile, così nel commercio della vita cristiana non è semplicemente pregare o compiere qualche buona azione. Sebbene l’Apostolo dica: “Pregate incessantemente” (1Ts 5,17), tuttavia, come ti ricordi, egli aggiunge: “Io preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue” (1Cor 14,19). E il Signore dice: “Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21), cioè colui che fa l’opera di Dio e, inoltre, lo fa con riverenza, poiché “Maledetto chi compie fiaccamente l’opera del Signore” (Ger 48,10). E l’opera di Dio è: credere in Dio e in Colui che Egli ha inviato, Gesù Cristo (Gv 14,1; 6,29). Se capiamo bene i comandamenti di Cristo e degli Apostoli, il nostro commercio come cristiani consiste non nell’aumentare il numero delle nostre buone azioni che sono solo lo strumento per incoraggiare lo scopo della vita cristiana ma nel trarre da loro il massimo profitto possibile, vale a dire acquisire quanti più doni possibili dallo Spirito Santo.
Quanto vorrei, o Amico di Dio, che voi stesso acquisiste questa fonte di grazia divina e che possa sempre chiederti: «Sono o no nello Spirito di Dio?». Non c’è niente di cui addolorarsi. Sei pronto ora ad apparire davanti al terribile giudizio di Cristo. Poiché «in ciò che io trovo in te, in quello ti giudicherò». Ma se non siamo nello Spirito, dobbiamo scoprire perché non lo siamo e per quale ragione nostro Signore Dio Spirito Santo ha voluto abbandonarci. Dobbiamo cercarlo di nuovo e dobbiamo andare alla ricerca finché non ritroviamo il Signore Dio Spirito Santo e finché Egli non sia di nuovo con noi, secondo la Sua bontà. Dobbiamo attaccare i nemici che ci portano lontano da Lui fino a che non esista nemmeno più la loro polvere come ha detto il profeta Davide: «Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti, non sono tornato senza averli annientati. Li ho colpiti e non si sono rialzati, sono caduti sotto i miei piedi» (Sal 18,38-39).</p>
Ecco, figliolo. Ecco come devi commerciare spiritualmente nella virtù. Distribuisci i doni di grazia dello Spirito Santo a coloro che ne hanno bisogno, come una candela accesa che brucia del fuoco terreno brilla e accende altre candele affinché esse possano portare luce in altri posti, senza che la sua propria luce diminuisca. Se è così per il fuoco terreno, cosa diremo del fuoco della grazia dello Spirito Tuttosanto di Dio? Poiché infatti le ricchezze terrene diminuiscono con la distribuzioni. Ma le ricchezze celesti della grazia di Dio più vengono distribuite e più aumentano in colui che le distribuisce. Infatti al Signore stesso piacque dire alla donna samaritana: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,13-14).
Contemplare Dio
— Padre, gli dissi, voi parlate sempre dell’acquisizione della Grazia dello Spirito Santo come il fine della vita cristiana. Ma come la posso riconoscere? Le buone azioni sono visibili. Ma lo Spirito Santo può essere visto? Come posso sapere se Egli è in me oppure no?
— Nell’epoca nella quale viviamo, rispose lo starez, si è giunti ad una tale tiepidezza nella fede, a una tale insensibilità nei riguardi della comunione con Dio che ci siamo praticamente distanziati quasi totalmente dalla vera vita cristiana. Oggi alcuni passi della Santa Scrittura ci paiono strani. Ad esempio quello in cui lo Spirito Santo, attraverso la bocca di Mosé, dice: «Adamo vedeva Dio mentre passeggiava nel paradiso» (Gn 3, 8), o quando leggiamo nelle lettere di San Paolo che l’Apostolo viene impedito dallo Spirito Santo a proclamare la parola in Asia e invece lo accompagna in Macedonia (At 16, 6-9). In molti altri passi della Sacra Scrittura si ritrovano simili temi sull’apparizione di Dio agli uomini.
Ecco perché alcune persone dicono: “Questi passi sono incomprensibili. È veramente possibile vedere Dio così apertamente?” Ma non c’è niente di incomprensibile qui. Questa incapacità di capire deriva dal fatto che ci siamo allontanati dalla semplicità della conoscenza originale cristiana. Con il pretesto dell’educazione, abbiamo raggiunto una tale ignoranza oscura che le cose che gli antichi capivano in maniera chiarissima, ci sembrano quasi inconcepibili. Anche nella conversazione ordinaria, l’idea dell’apparizione di Dio in mezzo a loro non sembra strana per loro. Poi, quando i suoi amici lo rimproverarono per aver bestemmiato Dio, Giobbe rispose loro: “Come è possibile se sento lo Spirito di Dio nelle mie narici?” (cf. Gb 27,3). Cioè: “Come posso bestemmiare Dio quando lo Spirito Santo abita in me? Se avessi bestemmiato Dio, lo Spirito Santo si sarebbe ritirato da me; invece guarda: sento il Suo respiro nelle mie narici”.
Si dice che Abramo e Giacobbe videro il Signore e conversarono con Lui esattamente nello stesso modo e che Giacobbe lottò perfino con Lui. Mosè e tutto il popolo insieme a lui videro Dio quando Mosè ricevette da Dio le tavole della legge sul Monte Sinai. Una colonna di nubi e una di fuoco, ovvero in altre parole, l’evidente grazia dello Spirito Santo, servirono da guide per il popolo di Dio nel deserto. Le persone videro Dio e la grazia del Suo Spirito Santo non durante il sonno, o nei sogni, o nell’eccitazione di un’immaginazione disordinata, ma veramente e apertamente.
Siamo diventati così poco attenti all’opera della nostra salvezza che interpretiamo male molte altre parola delle Sacre Scritture. E tutto ciò perché non cerchiamo la grazia di Dio e nell’orgoglio delle nostre menti non permettiamo ad essa di dimorare nelle nostre anime. Ecco perché siamo senza vera illuminazione da parte del Signore, illuminazione che Egli invia nei cuori degli uomini che sono affamati e assetati con tutto il cuore della giustizia e della santità di Dio.
La creazione
Molti spiegano il passo della Bibbia «Dio soffiò un alito di vita sul volto di Adamo» (Gen 2,7), la prima creatura, che fu creato da Lui dalla polvere della terra, dicendo che questo passo indica che fino a quel momento in Adamo non vi era né anima umana né spirito ma solo carne creata dalla polvere della terra. Questa interpretazione è sbagliata, poiché il Signore creò Adamo dalla polvere della terra con la costituzione che il santo Apostolo Paolo descrive: «Possano il vostro spirito, anima e corpo, essere conservati irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (1Ts 5,23). Tutte queste parti della nostra natura furono create dalla polvere della terra e Adamo non fu creato morto ma come essere attivo come tutte le creature animate di Dio viventi sulla terra.
La questione è che se il Signore Dio non avesse soffiato sulla sua faccia questo alito di vita, ovvero la grazia di nostro Signore Dio Spirito Santo, che procede dal Padre, riposa nel Figlio ed è inviato nel mondo per amore del Figlio, Adamo sarebbe rimasto senza lo Spirito Santo in lui. È lo Spirito Santo che innalzò Adamo alla dignità divina. Per quanto fosse perfetto, era una creatura, superiore a ogni altra creatura di Dio, come coronamento della creazione della terra. Senza lo Spirito Santo sarebbe stato come le altre creature che, sebbene hanno un corpo, un’anima e uno spirito, ognuno secondo la loro specie, non hanno lo Spirito Santo. Ma quando il Signore Dio soffiò sul volto di Adamo l’alito di vita, allora, secondo le parole di Mosè “Adamo divenne un’anima vivente” (Gen 2,7), cioè completamente e in ogni modo simile a Dio, e come Lui, per sempre immortale. Adamo era immune all’azione degli elementi tanto che l’acqua non poteva farlo annegare, il fuoco non poteva bruciarlo e la terra non poteva inghiottirlo negli abissi, e l’aria non poteva fargli male in alcun modo. Tutto gli era soggetto in quanto amato da Dio, come re e signore della creazione, e tutto guardava a lui come il coronamento perfetto delle creature di Dio. Adamo era stato fatto estremamente sapiente da questo alito di vita che era stato soffiato sul suo volto dalle labbra creative di Dio, il Creatore e il Signore di tutti. Mai vi è stato sulla terra un uomo più sapiente e più intelligente, ed è inverosimile che ci sarà. Quando il Signore gli comandò di dare il nome a tutte le creature, egli diede a ogni creatura un nome che esprimeva perfettamente tutte le sue qualità, le sue potenzialità e le proprietà date da Dio alla sua creazione.
Come risultato di questo dono, della grazia sovrannaturale di Dio che era stata infusa in lui per mezzo dell’alito di vita, Adamo poté vedere, capire il Signore che camminava nel Paradiso, comprendere le sue parole, capire la conversazione con i santi angeli, la lingua di tutte le bestie, degli uccelli, dei rettili e di tutto ciò che è ora celato a noi, creature decadute e peccatrici. Tutto ciò era chiarissimo ad Adamo prima della sua caduta. Il Signore Dio diede anche ad Eva la sua stessa sapienza, forza, potere illimitato, e tutte le altre qualità buone e sante. Egli la creò non dalla polvere della terra, ma dalla costola di Adamo nell’Eden di delizia, il Paradiso che Egli aveva piantato nel mezzo della terra.
Affinché potessero sempre facilmente conservare le qualità immortali, divine e perfette di questo soffio di vita, Dio piantò nel mezzo del giardino l’albero di vita con frutti dotati di tutta l’essenza e la pienezza del Suo soffio divino. Se non avessero peccato, Adamo ed Eva stessi così come tutta la loro posterità avrebbero potuto sempre mangiare del frutto dell’albero della vita e così avrebbero conservato eternamente il potere vivificante della grazia divina.
Avrebbero anche potuto conservare per tutta l’eternità i pieni poteri del loro corpo, della loro anima e del loro spirito in uno stato di immortalità e di perenne giovinezza e avrebbero potuto continuare in questo loto stato immortale e benedetto per sempre. Attualmente, tuttavia, per noi è persino difficile immaginare una simile grazia.
Ma assaggiando l’albero della conoscenza del bene e del male – azione prematura e contraria al comandamento di Dio – essi impararono la differenza tra bene e male e furono assoggettati a tutte le afflizioni che seguirono alla trasgressione del comandamento di Dio. Poi persero il loro dono inestimabile della grazia dello Spirito di Dio, cosicché, fino alla venuta nel mondo del Dio-uomo Gesù Cristo «lo Spirito di Dio non era ancora nel mondo perché Gesù non era stato ancora glorificato» (Gv 7,39).
Tuttavia, ciò non significa che lo Spirito di Dio non fosse affatto nel mondo ma che la Sua presenza non era così evidente, come in Adamo o in noi cristiani ortodossi. Egli si manifestava solo esternamente, e solo i segni della Sua presenza nel mondo erano noti all’umanità. Quindi, per esempio, molti misteri in connessione con la futura salvezza del genere umano furono rivelati ad Adamo così come ad Eva dopo la loro caduta.
A Caino, nonostante la sua empietà e la sua trasgressione, era facile capire la voce piena di grazia e divinità, sebbene esprimesse parole di condanna. Noè conversava con Dio. Abramo vide Dio e il Suo giorno e ne fu felice (cf. Gn 8,56). La grazia dello Spirito Santo che agiva esternamente si rifletteva anche nei profeti dell’Antico Testamento e nei santi di Israele. In seguito gli ebrei stabilirono speciali scuole profetiche in cui ai figli dei profeti veniva insegnato a discernere i segni della manifestazione di Dio o degli angeli, e a distinguere le operazioni dello Spirito Santo dagli ordinari fenomeni naturali della vita terrena priva di grazia. Simeone che tenne Dio nelle sue braccia, i nonni di Cristo, Gioacchino e Anna, e gli innumerevoli altri servi di Dio avevano continuamente apparizioni divine, rivelazioni e udivano voci che furono corroborate da eventi miracolosi chiari. Sebbene non con lo stesso potere del popolo di Dio, tuttavia la presenza dello Spirito di Dio agiva anche nei pagani che non conoscevano il vero Dio, perché persino in mezzo a loro, Dio si era scelto un popolo eletto. Per esempio, c’erano le profetesse vergini chiamate sibille che facevano voto di verginità non a un dio ignoto ma a Dio, il Creatore dell’universo, il Signore onnipotente del mondo, così come era concepito dai pagani. Sebbene i filosofi pagani vagassero nelle tenebre dell’ignoranza di Dio, tuttavia essi cercavano la verità che è amata da Dio. A causa di questa ricerca che piaceva a Dio, essi poterono prendere parte allo Spirito di Dio. È detto che nazioni che non conoscono Dio praticano naturalmente le esigenze della legge e fanno ciò che piace a Dio (cf. Rm 2,14). Il Signore loda così tanto la verità da dire per mezzo dello Spirito Santo: «La verità è sgorgata dalla terra, e la giustizia ha guardato giù dal cielo» (Sal 85,11).
Quindi vedi, amico di Dio, che sia nel santo popolo ebraico, un popolo amato da Dio, che nei pagani che non conoscevano Dio, era custodita una conoscenza di Dio, quindi, figlio mio, una comprensione chiara e razionale di come il nostro Signore Dio Spirito Santo agisca nell’uomo, e per quali strumenti dei nostri sentimenti interiori ed esteriori, possiamo essere sicuri che questa è davvero l’azione del nostro Signore Dio Spirito Santo e non un’illusione del nemico. Così è stato dalla caduta di Adamo fino alla venuta nel mondo nella carne del Signore Gesù Cristo.
Senza questa conoscenza sempre chiaramente conservata nel genere umano, come gli uomini avrebbero potuto sapere con certezza che sarebbe venuto colui che, secondo la promessa fatta a Adamo ed Eva, doveva nascere da una Vergine destinata a schiacciare la testa del serpente? San Simeone, al quale fu rivelato all’età di sessantacinque anni il mistero del concepimento e della nascita virginale di Cristo, trecento anni dopo proclamò ad alta voce nel Tempio di avere la certezza, nello Spirito Santo, di vedere davanti a sé il Cristo, il Salvatore del mondo, la cui nascita dalla Purissima Vergine Maria per opera dello Spirito Santo gli era stata annunciata da un angelo. Sant’Anna, figlia di Fanuele, la profetessa che dalla sua vedovanza aveva servito per ottant’anni Dio nel Tempio, donna ricolma di grazia e di sapienza, annunciava a sua volta la presenza del Messia, il vero Cristo, Dio e uomo, il Re d’Israele venuto a salvare Adamo e tutto il genere umano.
Quando nostro Signore Gesù Cristo portò a termine l’opera di salvezza, risorto dai morti soffiò sugli Apostoli, rinnovando così il soffio di vita di cui aveva goduto Adamo e ridando ad essi la stessa grazia che Adamo aveva perduto. Ma non basta. Gesù disse anche loro: “In verità è meglio per voi che io me ne vada; perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; quando me ne sarò andato, ve lo manderò. Quando verrà lo Spirito di verità, egli guiderà alla verità tutta intera voi e quanti crederanno nel vostro insegnamento, e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto quando ero ancora con voi in questo mondo” (Gv 16,7.13; 14,26). È la grazia che aveva già promesso loro: “Grazia su grazia” (Gv 1,16).
Il giorno della Pentecoste il Signore mandò solennemente sugli Apostoli lo Spirito Santo in un soffio di tempesta, sotto l’aspetto di lingue di fuoco che si posarono su ciascuno di loro e li riempirono della forza folgorante della grazia divina, rugiada vivificante e gioia per le anime di coloro che partecipano alla sua potenza e ai suoi effetti.
Questa grazia folgorante dello Spirito Santo viene conferita a ciascuno di noi, fedeli di Cristo, nel sacramento del battesimo. Essa viene sigillata dal sacramento della crismazione su alcune membra del nostro corpo, indicate dalla Santa Chiesa, depositaria eterna di questa grazia. La forma è: “Sigillo del dono dello Spirito Santo”. Ebbene, su che cosa mettiamo i sigilli se non su recipienti che contengono qualcosa di particolarmente prezioso? E cosa c’è di più prezioso e di più sacro al mondo dei doni dello Spirito Santo inviati dall’alto in occasione del sacramento del battesimo?
Questa grazia battesimale è così grande, così importante, così vivificante per l’uomo, che anche se diventa eretico, non gli viene tolta fino alla morte, cioè fino al termine del periodo di prova fissato dalla Provvidenza, in modo da concedergli la possibilità di ravvedersi. Se non peccassimo dopo il battesimo, resteremmo sempre dei servi di Dio santi ed immacolati, estranei a qualsiasi impurità del corpo e dello spirito. Il guaio è che con gli anni noi non cresciamo in sapienza e in grazia, come faceva nostro Signore Gesù Cristo (cf. Lc 2,52) ma, al contrario, ci depraviamo sempre più e diventiamo, privi dello Spirito Santo, dei grandi, terribili peccatori.
Pentimento
Quando un uomo, ricondotto in vita dalla saggezza divina sempre in cerca della nostra salvezza, si decide a volgersi verso Dio per sfuggire alla perdizione, deve seguire la via del pentimento, praticare le virtù opposte ai peccati commessi e sforzarsi, agendo in nome di Cristo, di acquisire lo Spirito Santo, il quale prepara il Regno dei cieli dentro di noi. Non per niente il Verbo ha proclamato: “Il Regno di Dio è dentro di voi. Vi si entra con la violenza dello sforzo” (Lc 17,21). Se gli uomini, nonostante i legami del peccato che li tengono prigionieri impedendo loro con nuove iniquità di volgersi al Salvatore con una perfetta contrizione, si sforzano di spezzare questi legami, arriveranno finalmente davanti al Volto di Dio più bianchi della neve, purificati dalla sua grazia.
“Venite, dice il Signore, e se i vostri peccati sono come scarlatto, li renderò bianchi come neve” (Is 1,18). Il Veggente dell’Apocalisse, l’Apostolo Giovanni il Teologo, ha visto degli uomini vestiti di bianco, giustificati, con in mano le palme in segno di vittoria e che cantavano: “Alleluia!”. La bellezza del loro canto era incomparabile. L’angelo del Signore, parlando di loro, ha detto: “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione: hanno lavato le loro vesti e le hanno rese bianche nel sangue dell’Agnello” (Ap 7,14).
“Lavati” dalla sofferenza, “resi bianchi” dai santissimi misteri della carne e del sangue dell’Agnello immacolato, costoro partecipano del Cristo volontariamente immolato prima dei secoli per la salvezza del mondo, e ancora oggi immolato, spezzato, mai consumato, per comunicarci la vita eterna e permetterci di giustificarci nel Giudizio finale. Mistero che sorpassa ogni comprensione e che ci è stato dato in cambio del frutto dell’albero della vita di cui il nemico dell’umanità, Lucifero caduto dal cielo, voleva defraudare il genere umano.
La Vergine Maria
Nonostante il fatto che Satana avesse sedotto Eva, la quale trascinò Adamo con sé, Dio non solo ci ha dato un Redentore che con la morte ha vinto la morte, ma nella persona della Donna, la semprevergine Maria Bogoroditsa (Madre di Dio), che ha schiacciato in sé e in tutto il genere umano la testa del serpente, ci ha fornito un avvocato instancabile presso suo Figlio e nostro Dio, un difensore insuperabile per i peccatori più incalliti. Per questo la Madre di Dio viene chiamata “Flagello dei demoni”. È infatti impossibile per il demonio far perire un uomo a meno che questi non smetta di invocare l’aiuto della Madre di Dio.
La differenza tra azione dello Spirito Santo e quella del maligno
Devo ancora io, miserabile Serafino, spiegarvi, amico di Dio, in che consiste la differenza tra l’azione dello Spirito Santo mentre prende misteriosamente possesso dei cuori di coloro che credono in nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo e l’azione tenebrosa del peccato che viene come un ladro sotto l’istigazione del Demonio.
Lo Spirito Santo ci ricorda le parole di Cristo e lavora assieme a Lui, guidando i nostri passi solennemente e gioiosamente nella via della pace. L’agitazione prodotta dallo spirito diabolico che si oppone a Cristo ci incita, invece, alla rivolta e ci rende schiavi della lussuria, della vanità e dell’orgoglio.
«In verità, in verità vi dico, colui che crede in me non morirà mai» (Gv 6,47). Colui che per la sua fede in Cristo e in possesso dello Spirito Santo, pure dopo aver commesso per debolezza umana qualsiasi peccato che causa la morte dell’anima, non morirà per sempre, ma sarà resuscitato per la Grazia di Nostro Signore Gesù Cristo il quale ha preso su di sé i peccati del mondo donando gratuitamente grazia su grazia.
È proprio parlando di questa Grazia manifestata all’intero mondo e al nostro genere umano dall’Uomo-Dio che il Vangelo dice: «Di ogni essere egli era la vita e la vita era la luce degli uomini» aggiungendo: «la luce illumina le tenebre ma le tenebre non hanno voluto accoglierla» (Gv 1,4-5). Questo significa che la Grazia dello Spirito Santo ricevuta con il battesimo nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, malgrado le cadute peccaminose, malgrado le tenebre che circondano la nostra anima continua a brillare nel nostro cuore della sua eterna luce divina per gli inestimabili meriti di Cristo. Di fronte ad un peccatore abituale, questa luce di Cristo dice al Padre: «Abbà, Padre, non si infiammi la tua collera contro questo indurimento». Ed in seguito, quando il peccatore si sarà pentito, essa cancellerà completamente le tracce dei crimini commessi, rivestendo l’antico peccatore d’un vestito incorruttibile intessuto con la grazia dello Spirito Santo della cui acquisizione sto continuamente parlando.
La grazia dello Spirito Santo è Luce
Bisogna ancora che vi dica qualcosa in più affinché comprendiate meglio cosa si intende quando si parla di Grazia divina, come la si può riconoscere, com’è che essa si manifesta agli uomini che vengono da essa illuminati poiché la Grazia dello Spirito Santo è Luce.
Tutta la Sacra Scrittura ne parla. Davide, l’antenato dell’Uomo-Dio dice: «Un lampo sotto i miei piedi, la tua parola, una luce sulla mia strada» (Sal 119,105). In altri termini, la Grazia dello Spirito Santo che la legge rivela sotto la forma dei comandamenti divini è il mio faro, la mia luce. È questa la Grazia dello Spirito Santo «che con tanta pena mi sforzo di acquisire, cercando sette volte al giorno la Sua verità» (Sal 119,164). Come potrò trovare in me, tra le numerose preoccupazioni della mia situazione, una sola scintilla di luce per schiarire il mio cammino ottenebrato dall’odio dei miei nemici?
Effettivamente il Signore ha mostrato spesso, davanti a numerosi testimoni, l’azione della grazia dello Spirito Santo sugli uomini che aveva illuminato e istruito attraverso grandiosi avvenimenti. Ricordate Mosè dopo che si era incontrato con Dio sul Monte Sinai (Es 34, 30-35). Gli uomini non potevano guardarlo perché il suo volto brillava di una luce straordinaria. Egli fu obbligato a mostrarsi al popolo con il viso coperto da un velo. Ricordate la trasfigurazione del Signore sul monte Tabor: «Egli fu trasfigurato davanti a loro; i suoi vestiti divennero bianchi come la neve…, i discepoli spaventati caddero con il viso a terra mentre Mosè ed Elia apparvero rivestiti della medesima luce. Allora una nube li ricoprì in modo che essi non divenissero ciechi». (Mt 17,1-8 ; Mc 9,2-8 ; Lc 9,28-37). E così la grazia dello Spirito Santo appare come una luce ineffabile a coloro a cui Dio manifesta la sua azione.
— Allora, domandai a padre Serafino, come potrò riconoscere in me la grazia dello Spirito Santo?
— È semplicissimo, mi rispose il santo. Dio dice: «Tutto è semplice per coloro che acquisiscono la saggezza» (Pr 14,6). La nostra sfortuna sta nel fatto che noi non la ricerchiamo proprio, questa Saggezza divina la quale, non essendo di questo mondo, non è presuntuosa. Essa è piena d’amore per Dio e per il prossimo e spinge l’uomo alla propria salvezza. Parlando di questa saggezza il Signore dice: «Dio vuole che tutti siano salvati e giungano alla Saggezza della verità» (1Tm 2,4). Ai suoi apostoli ai quali mancava questa Saggezza Egli disse: «Come siete privi di Saggezza! Non avete letto le Sacre Scritture?» (Lc 24,25-27). Il Vangelo aggiunge «Aprì loro l’intelligenza affinché potessero comprendere le Scritture». Avendo acquisito questa Saggezza, gli Apostoli sapevano sempre se lo Spirito di Dio era con loro oppure no e, pieni di questo Spirito, affermavano che il loro operato era santo e gradito a Dio. È per questo che potevano scrivere nelle loro epistole: «È piaciuto allo Spirito Santo e a noi…» (At 15,28). Essi inviavano i loro messaggi solo dopo che erano persuasi dalla sua presenza sensibile. Allora, amico di Dio, vedete com’è semplice?
— Tuttavia io non comprendo come posso essere assolutamente sicuro di trovarmi nello Spirito Santo. Come posso scoprire in me la sua manifestazione?
Il Padre Serafino mi disse:
— Vi ho già detto che è estremamente semplice e ve l’ho spiegato in dettaglio com’è che gli uomini si trovano nello Spirito Santo e come bisogna comprendere la sua manifestazione in noi… Che ci vuole ancora?
— Occorre, risposi io, che lo capisca veramente bene — risposi.
Immersi nella luce increata
Allora Padre Serafino mi prese le spalle e, stringendole molto forte, aggiunse:
— Siamo tutti e due, voi ed io, nella pienezza dello Spirito Santo. Perché non mi guardate?
— Non posso guardarvi, Padre. Dei fulmini lampeggiano dai vostri occhi. Il vostro viso è divenuto più luminoso del sole. Ho male agli occhi…
Il Padre Serafino disse:
— Non abbiate paura, amico di Dio. Siete diventato anche voi altrettanto luminoso perché anche voi ora siete nella pienezza dello Spirito Santo, altrimenti non avreste potuto vedermi così.
Inclinando la sua testa al mio orecchio aggiunse: — Ringraziate il Signore di averci donato questa grazia indicibile. Non ho nemmeno fatto il segno della croce. In cuore ho semplicemente pensato e pregato «Signore, rendilo degno di vedere chiaramente, con gli occhi della carne, la discesa dello Spirito Santo, come ai tuoi eletti servitori quando tu ti sei degnato di apparire loro nella magnificenza della tua gloria!» Ed immediatamente Dio ha esaudito l’umile preghiera del miserabile Serafino. Come non ringraziarlo per questo dono straordinario che ci ha accordato? Non sempre Dio manifesta in tal modo la sua grazia ai grandi eremiti. Come una madre amorevole, questa grazia ha consolato il vostro cuore desolato, con la preghiera della stessa Madre di Dio… Ma perché non osate guardarmi negli occhi? Osate farlo senza paura, Dio è con noi.
Dopo queste parole sollevai i miei occhi sul suo viso e una paura ancor più grande si impossessò di me. Immaginatevi di vedere al centro del sole, mentre l’astro risplende con i suoi raggi più luminosi del mezzogiorno, il viso d’un uomo che vi parla. Vedete il movimento delle sue labbra, l’espressione cangiante dei suoi occhi, sentite il suono della sua voce, avvertite la pressione delle sue mani sulle vostre spalle ma, allo stesso tempo, non scorgete né le sue mani, né il suo corpo, né il vostro. Non vedete altro che una luce splendente che si propaga tutt’intorno ad una distanza di parecchi metri. Così tale luce era in grado di schiarire la neve che ricopriva il prato e di riflettersi sul grande starez e su me stesso. Si potrebbe mai descrivere bene la situazione nella quale mi trovai allora?
— Cosa sentite ora? Domandò Padre Serafino.
— Mi sento straordinariamente bene.
— Come “bene”? Cosa volete dire per “bene”?
— La mia anima è piena di un silenzio e di una pace inesprimibili.
— Amico di Dio, questa è la pace di cui parla il Signore quando dice ai suoi discepoli: «Io vi dono la pace ma non come la lascia il mondo. Sono io che ve la dono. Se voi foste di questo mondo il mondo vi amerebbe. Ma io vi ho eletti e il mondo vi odia. Comunque non abbiate timore perché io ho vinto il mondo» (Gv 14,27; 15,19; 16,33). È proprio a questi uomini eletti da Dio ma odiati dal mondo che Dio dona la pace da voi sperimentata in questo momento. «Questa pace — dice l’Apostolo — sorpassa ogni comprensione» (Fil 4,7). L’Apostolo la chiama così perché nessuna parola può esprimere il ben essere dello spirito che essa fa nascere nei cuori degli uomini quando il Signore la concede. Lui stesso la chiama «la mia pace» (Gv 14,27). Essa è frutto della generosità di Cristo e non di questo mondo; nessuna felicità terrena la può dare. Inviata dall’alto, dallo stesso Dio, essa è la pace «di Dio»… Cosa sentite ancora?
— Una dolcezza straordinaria.
— È la dolcezza di cui parlano le Scritture: «Essi berranno la bevanda della tua casa e tu li colmerai con il torrente della tua dolcezza» (Sal 36,9). Tale dolcezza trabocca dai nostri cuori, scorre nelle nostre vene, procura una sensazione e una delizia inesprimibile… Cosa sentite ancora?
— Una straordinaria gioia in tutto il cuore.
— Quando lo Spirito Santo scende sull’uomo con la pienezza dei suoi doni, l’animo umano è riempito d’una gioia indescrivibile; lo Spirito Santo ricrea nella gioia tutto quanto sfiora. È di questa gioia che il Signore parla nel Vangelo quando dice: «Una donna quando giunge la sua ora partorisce nel dolore; ma dopo che ha fatto nascere un bimbo non si ricorda più i suoi dolori, tant’è grande la sua gioia. Anche voi avrete da soffrire in questo mondo, ma quando vi visiterò i vostri cuori saranno nella gioia, una gioia che nessuno potrà rapirvi» (Gv 16,21-22).
Per quanto grande e consolante sia la gioia che sperimentate in questo momento, essa non è nulla se paragonata a quella accennata dal Signore attraverso il suo Apostolo: «La gioia che Dio riserva a coloro che lo amano è al di là di ogni cosa che può essere vista, intesa e sentita dal cuore umano in questo mondo» (1Cor 2,9). Quanto ci viene concesso al momento presente non è altro che un acconto di questa gioia suprema. E se, in questo momento, sentiamo dolcezza, giubilo, ben essere, cosa diremo di quell’altra gioia che ci è riservata in cielo, dopo aver pianto su questa terra? Voi avete già abbastanza pianto nella vostra vita e vedete quale consolazione nella gioia via abbia donato il Signore. Ora tocca a noi, amico di Dio, lavorare con tutte le nostre forze per salire di gloria in gloria al fine di «costituire quest’Uomo perfetto, nella forza dell’età, che realizza la pienezza del Cristo» (Ef 4,13). «Coloro che sperano nel Signore rinnovano le loro forze, hanno le ali delle aquile, corrono senza stancarsi e marciano senza fatica» (Is 40,31). «Essi procederanno da altezza in altezza e Dio apparirà loro in Sion» (Sal 84,8). È allora che la nostra attuale gioia, piccola e breve, si manifesterà in tutta la sua pienezza e nessuno potrà rapircela, dato che saremo riempiti di voluttà celesti… Cosa sentite ancora, amico di Dio?
— Uno straordinario calore.
— Come un calore? Non siamo forse nella foresta in pieno inverno? La neve e sotto i nostri piedi, noi ne siamo coperti ed essa continua a cadere… Di quale caldo si tratta?
— Di un caldo simile a quello dei bagni a vapore.
— E l’odore è come quello del bagno?
— Oh no! Nulla sulla terra può essere simile a questo profumo. Quando mia madre viveva ancora amavo ballare e, andando a divertirmi, mi cospargevo del profumo che essa comperava nei migliori negozi di Kazan pagandolo molto caro. Il suo odore non era per niente simile a questo sublime aroma.
Il padre Serafino sorrise.
— Lo conosco, amico mio, lo conosco altrettanto bene come voi ed è per questo che ve l’ho chiesto. È proprio vero. Nessun profumo sulla terra può essere comparato al buon odore che respiriamo in questo momento, il buon profumo dello Spirito Santo. Sulla terra cosa può assomigliargli? Avete appena detto di sentire caldo come in un bagno. Osservate! La neve che ci sta coprendo non si scioglie al pari di quella che sta sotto i nostri piedi. Il caldo non è dunque nell’aria ma dentro di noi. È quel caldo che lo Spirito Santo ci fa chiedere nella preghiera: «Che il tuo Santo Spirito ci riscaldi!» Con tale calore gli eremiti, uomini e donne, potevano permettersi di sfidare il freddo dell’inverno, circondati com’erano d’un manto di pelliccia, d’un vestito intessuto dallo Spirito Santo.
In realtà è così che la Grazia divina abita nel più profondo della nostra anima e nel nostro cuore. Il Signore ha detto «Il Regno dei Cieli è dentro di voi» (Lc 17,21). Per «Regno dei Cieli» Egli intende la Grazia dello Spirito Santo. Questo Regno di Dio ora è in noi. Lo Spirito Santo ci illumina e ci riscalda. Egli riempie l’aria con diverse profumazioni, fa gioire i nostri sensi e abbevera i nostri cuori con una gioia indicibile. Il nostro attuale stato è simile a quello di cui parla l’Apostolo Paolo «Il Regno dei Cieli non è questione di cibo o di bevanda ma di giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo» (Rm 14, 17). La nostra fede non si appoggia su parole di saggezza terrena ma sulla manifestazione della potenza dello Spirito. Lo stato nel quale ci troviamo in questo momento è quello che il Signore aveva visto quando disse: «In verità vi dico, alcuni tra coloro che sono qui non moriranno prima d’aver visto il Regno di Dio venire con potenza» (Mc 9, 1).
Ecco, amico di Dio, quale gioia incomparabile il Signore si è degnato di accordarci. Ecco cosa vuol dire essere «nella pienezza dello Spirito Santo». È questo che intendeva san Macario l’egiziano quando scriveva: «Io stesso fui nella pienezza dello Spirito Santo». Da umili che siamo il Signore ci ha riempiti con la pienezza del suo Spirito. Mi sembra che a partire da questo momento voi non avrete più bisogno di interrogarmi sul modo in cui si manifesta nell’uomo la presenza della Grazia dello Spirito Santo.
— Questa manifestazione resterà per sempre incisa nella vostra memoria?
— Non lo so, Padre, se Dio mi renderà degno di ricordare sempre questi fatti con la precisione di questo momento.
— Ma io — mi rispose lo starez — penso che Dio vi aiuterà a conservare queste cose per sempre. Altrimenti non sarebbe stato così velocemente toccato dall’umile preghiera del miserabile Serafino e non avrebbe esaudito così velocemente il suo desiderio. D’altra parte non è solamente a voi che è stato concesso vedere la manifestazione d’una tale grazia, ma attraverso voi, al mondo intero. Fatevi forza perché sarete utile ad altri.
Monaco e laico
Quanto alle nostre condizioni diverse di monaco e di laico, non preoccupatevi. Dio cerca anzitutto un cuore pieno di fede in lui e nel suo Figlio unigenito, ed è in risposta a questa fede che manda dall’alto la grazia dello Spirito Santo. Il Signore cerca un cuore ricolmo d’amore per lui e per il prossimo: è questo il trono sul quale ama sedersi e manifestarsi nella pienezza della sua gloria. «Figlio, prestami il tuo cuore, e il resto te lo darò in sovrappiù» (Pr 23,26). Il cuore dell’uomo è capaci di contenere il Regno dei cieli. «Cercate innanzitutto il Regno dei cieli e la sua giustizia, dice il Signore ai suoi discepoli, e il resto vi verrà dato in sovrappiù, perché Dio vostro Padre sa ciò di cui avete bisogno» (Mt 6,33).
Lavorare per il Regno
Il Signore non ci rimprovera di usufruire dei beni terreni, anzi, dice che, considerata la nostra situazione quaggiù, ne abbiamo bisogno per vivere tranquilli e rendere più comodo e facile il cammino verso la patria celeste. L’Apostolo Pietro ritiene che non ci sia niente di meglio al mondo della pietà accompagnata dal sapersi accontentare. La Santa Chiesa prega affinché ci siano concesse queste cose. Anche se le pene, le disgrazie e le necessità sono inseparabili dalla nostra vita terrena, tuttavia il Signore non ha mai voluto che esse costituissero l’intera trama delle nostre esistenze. Perciò ci raccomanda, per bocca dell’Apostolo, di portare i pesi gli uni degli altri e così obbedire a Cristo che ci ha dato il comandamento dell’amore reciproco. Confortatevi da questo amore, troveremo meno difficile il cammino doloroso sulla via stretta che conduce alla patria celeste. Il Signore non è forse sceso dal cielo non per essere servito ma per servire e dare la propria vita in riscatti di molti (cf. Mt 20,28)? Comportatevi allo stesso modo, amico di Dio, e cosciente della grazia di cui sei stato visibilmente oggetto, trasmettetela a tutti gli uomini, avendo a cuore la loro salvezza.
«La messe è molta, ma gli operai sono pochi» dice il Signore (Mt 9,37-38). Avendo ricevuto i doni della grazia, siamo chiamati a lavorare mietendo le spighe della salvezza del nostro prossimo per raccoglierle numerose nei granai del Regno di Dio, affinché diano il loro frutto: chi il trenta, chi il sessanta, chi il cento. Stiamo attenti a non essere condannati assieme al servo fannullone che aveva sotterrato la mina affidatagli; cerchiamo invece di imitare i servi fedeli che hanno restituito al loro Signore l’uno quattro mine al posto di due, e l’altro dieci mine al posto di cinque (cf. Mt 25,14-30). Quanto alla misericordia divina, non bisogna dubitarne: hai visto tut stesso come le parole di Dio, pronunciate da un profeta, si sono realizzate per noi: «Io non sono un Dio lontano» (Ger 23,23).
Appena io, miserabile, mi sono fatto il segno della croce, appena ho desiderato nel mio cuore che il Signore ci rendesse degni di vedere la sua misericordia in tutta la sua pienezza, subito si è affrettato ad esaudire il mio desiderio. Non dico questo per glorificare me stesso, né per dimostrarvi la mia importanza e rendervi geloso, né perché voi pensiate che ciò sia dovuto al fatto che io sono monaco e voi laico. No, amico di Dio, assolutamente no! «Il Signore è vicino a quanti lo invocano. Non fa distinzione di persone. Il Padre ama il Figlio e ha affidato tutto nelle sue mani». Questo a condizione che noi amiamo lui, il nostro Padre celeste, come figli. Il Signore ascolta sia un monaco che un uomo di mondo, un semplice cristiano; a condizione che essi siano credenti ortodossi, amino Dio dal profondo del cuore e abbiano una fede autentica, una fede «grande come un granello di senape» (Mt 13,31-32), entrambi saranno in grado di sollevare montagne (cf. Mc 11,23). «Come può un uomo solo inseguirne mille o due soli metterne in fuga diecimila?» (Dt 32,30). Il Signore stesso ha affermato: «Tutto è possibile a colui che crede» (Mc 9,23). E l’Apostolo Paolo esclama: «Tutto posso in colui che mi dà forza» (Fil 4,13). Ancora più sorprendenti sono le parole del Signore a riguardo di quanti credono in lui: «Chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre; qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualcosa nel mio nome, la farò» (Gv 14,12-14). «Pregherò per voi perché la vostra gioia sia perfetta. Finora non avete chiesto niente nel mio nome: chiedete e otterrete» (Gv 16.24).
È proprio così, amico di Dio. Qualunque cosa chiederete a Dio, l’otterrete, a patto che la vostra richiesta sia per la gloria di Dio o per il bene del vostro prossimo. Dio infatti non separa il bene del prossimo dalla sua gloria. «Tutto quello che avrete fatto al più piccolo di voi, l’avrete fatto a me» (Mt 10,40). Quindi siate certo che il Signore esaudirà le vostre domande, sempre che siano fatte per l’edificazione e il bene del vostro prossimo. Ma anche qualora voi chiedeste qualcosa per un bisogno, un’utilità o un beneficio vostro personale, non temete che Dio ve la concederà se realmente ne avete bisogno, perché ama coloro che lo amano. È buono verso tutti, la sua misericordia si estende anche su quanti non invocano il suo nome; a maggior ragione farà la volontà di coloro che lo temono. Egli esaudirà tutte le vostre domande, non le respingerà a motivo della vostra fede ortodossa in Cristo Salvatore: infatti non abbandona lo scettro dei giuste nelle mani dei peccatori (Sal 125,3). e farà certamente la volontà di Davide suo servo. Però potrà anche chiedervi perché lo avete disturbato senza motivo e come mai avete sollecitato cose di cui avreste potuto facilmente fare a meno.
Conclusione
Ecco, amico di Dio, adesso vi ho detto tutto. Vi ho mostrato in piena verità ciò che il Signore e la sua Santa Madre hanno voluto rivelarvi servendosi del miserabile Serafino. Amen. Andate in pace. Il Signore e la sua Santa Madre siano con te ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen. Andate in pace.
Durante tutta la durata del colloquio, a partire dal momento in cui il volto di padre Serafino si era illuminato, era continuata la visione della luce, e la sua posizione mentre parlava era rimasta sempre la stessa dall’inizio alla fine. Quanto poi allo splendore indicibile di luce che Serafino emanava, l’ho visto con i miei occhi e sono pronto a testimoniarlo sotto giuramento.
Dialogo di San Serafino di Sarov con l’amico di Dio Motovilov
tradotta dall’inglese e rivista in alcuni punti sull’originale russo
una versione italiana completa è disponibile in Irina Gorainoff, Serafino di Sarov, Gribaudi, pp. 155-185