Una vecchia monaca del monastero di Divjejevo, Matrona Pleščejeva, raccontava questo
miracoloso episodio:
“Entrata nel monastero ebbi come obbedienza, con la benedizione dello Starec Serafino, di preparare il cibo per le consorelle. Un giorno, a causa della debolezza e della tentazione del maligno, caddi in preda di una tale inquietudine interiore e di un così grave abbattimento che decisi di andarmene dal monastero inosservata e senza la benedizione dello Starec, tanto mi sembrava pesante ed insopportabile quell’obbedienza. Indubbiamente Padre Serafino aveva previsto la mia tentazione, poiché improvvisamente mi chiamò da lui. Mi misi in cammino tre giorni dopo la festa di San Pietro e per tutta la strada non feci che piangere. Giunta davanti alla sua cella di Saròv recitai, come di consueto, la preghiera davanti alla porta e, dopo avermi risposto «Amen», lo Starec mi si fece incontro come un padre affettuoso e, dopo avermi presa per mano mi condusse nella sua cella. Dopo che fummo entrati, mi disse:
«Ecco, gioia mia, è tutto il giorno che ti attendo».
Io, tutta in lacrime, gli risposi: «Batjuška, tu sai bene qual è la mia obbedienza. Non mi era possibile venire prima; appena ho servito il pranzo alle consorelle, mi sono messa in strada per venire da te ed ho pianto per tutto il tempo». Allora Padre Serafino mi asciugò le lacrime con il suo fazzoletto, dicendomi:
«Matjuška, le tue lacrime non cadono inutilmente per terra».
Subito dopo mi condusse dinanzi all’icona della Vergine Umiljenije e disse:
«Inginocchiati, matjuška, e baciala: la Regina del Cielo ti conforterà».
Io mi genuflessi e baciai la Santa Immagine, e provai una così grande gioia nel mio intimo che mi rianimai. Quindi Padre Serafino mi disse: «Vai ora nella sala degli ospiti, matjuška, e domani vieni all’eremo lontano». Gli feci osservare che avevo paura di recarmici sola, ma egli mi rispose:
«Lungo il cammino sino all’eremo recita ad alta voce le parole: Signore, pietà». E, dicendo ciò, canticchiò alcune volte “Signore, pietà”.
Feci come mi aveva ordinato e per tutta la strada recitai: “Signore pietà”. Non solo non provai alcun genere di paura, ma anzi, grazie alle preghiere di Padre Serafino, nel cuore provavo una gioia vivissima. Quando giunsi all’eremo lontano, vidi improvvisamente lo Starec che sedeva su un tronco vicino alla sua cella accanto ad un enorme orso. Morivo dalla paura e gli gridai con tutte le mie forze: «Batjuška, muoio», e caddi. Padre Serafino al mio grido, diede un colpetto all’orso e gli fece un cenno con la mano. L’orso, come se fosse un essere dotato di intelligenza, se ne andò subito nel bosco, dirigendosi dalla parte indicatagli dallo Starec. A quella vista tremavo di paura, e quando lo Starec mi si avvicinò esortandomi a non temere, continuavo a ripetere: «Ahimé, morrò». Allora lo Starec mi disse:
«No, matjuška, non morrai. La morte è lontana da te; questa è gioia».
Mi condusse al tronco sul quale precedentemente stava seduto e, dopo aver pregato il Signore, mi ci fece sedere sopra; poi ci si sedette anche lui. Ma c’eravamo appena seduti,
quando riapparve l’orso: accostandosi a Padre Serafino, si accucciò ai suoi piedi. Io, trovandomi vicina ad un animale tanto terribile, in un primo momento fui terrorizzata; ma poi vidi che lo Starec si comportava con lui senza timore, come con un mite agnello, e che addirittura gli dava da mangiare il pane con le mani. In quel momento il volto del mio grande padre mi sembrò degno di particolare meraviglia: era luminoso e gioioso come quello di un angelo. Alla fine, mi calmai completamente e lo Starec, dopo aver dato quasi tutto il pane all’orso, mi porse quanto ne rimaneva e m’impose di nutrire io stessa l’animale. Gli risposi d’aver paura che mi mordesse la mano. Ma Padre Serafino, guardandomi, sorrise e disse: «Matjuška, sta’ sicura che non ti morderà la mano». Allora presi il pane che mi offriva e lo diedi all’orso affinché lo mangiasse, e lo feci con tale piacere che desideravo nutrirlo ancora, poiché, grazie alle preghiere di Padre Serafino, l’orso era mite anche nei miei riguardi. Lo Starec, vedendomi ormai tranquilla, mi disse: «Ti ricordi, matjuška, che un leone serviva il Venerabile Grasimo sulle rive del Giordano? Così un orso serve l’umile Serafino. Ecco, anche le fiere gli obbediscono, mentre tu ti sei abbassata spiritualmente. Ma perché dobbiamo lasciarci abbattere nello spirito? Vedi, se avessi portato le forbici lo potrei tosare». Ed io nella mia semplicità gli risposi: «Batjuška, se le
mie consorelle vedessero quest’orso, morrebbero di paura». «No – mi rispose – le tue consorelle non lo vedranno». Osservai che se qualcuno l’avesse ucciso mi sarebbe dispiaciuto moltissimo. «No – rispose lo Starec – nessuno lo ucciderà, ma nessuno lo vedrà all’infuori di te». Ancora pensavo a come avrei raccontato alle mie consorelle questo
tremendo prodigio; ma Padre Serafino rispose ai miei pensieri: «No, matjuška, per undici anni dopo la mia morte non ne parlare con nessuno. Poi la volontà di Dio ti svelerà a chi dovrai parlarne». Dopo parecchio tempo dalla dormizione dello Starec, la vecchia Matrona tornò nella cella di Padre Serafino. Lì, con la benedizione dello Starec, dipingeva il contadino Efim Vasiljév, noto per la dedizione e l’affetto che nutriva nei confronti di Padre Serafino. Vedendo che stava dipingendo lo Starec, improvvisamente Matrona gli disse: «Sarebbe bello che in questo quadro tu dipingessi Padre Serafino con l’orso». Il contadino le chiese che significassero le sue parole e lei gli narrò l’episodio miracoloso, che non aveva ancora raccontato a nessuno. Ed erano proprio allora trascorsi 11 anni dalla fine della vita terrena dello Starec.
Padre Justin Popović
San Serafino di Sarov: Vita e miracoli, Appunti di viaggio, pp. 127-131