A differenza del Padre e del Figlio, lo Spirito nasconde il proprio volto personale, per esprimere qualcosa che appartiene pienamente alla Trinità: l’essere una comunicazione perfetta. Mediante il dono della vita divina, l’io personale dello Pneuma si unisce a tal punto con l’io personale dell’uomo che lo accoglie, da divenirne il suo stesso io, senza scalfire l’identità personale dello Spirito e neppure quella dell’uomo che lo riceve in dono. Lo Spirito Santo è colui che sta ai confini tra la realtà increata e quella creata, colui che “umilmente” dona e porta a compimento, nascondendo il proprio volto personale, colui che nel cuore dell’uomo impianta in modo tale la vita della Trinità – divina, e quindi estranea – da divenire la stessa vita dell’uomo che riceve la grazie e senza che nulla gli rimanga estraneo.
«Nessuno può dire “Gesù è Signore” se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1 Cor 12,3): la professione che produce piena salvezza è professione totalmente dell’uomo credente e insieme totalmente dono dello Spirito che la opera. Lo Spirito Santo accende nell’uomo la fede e la mantiene in vita, ma in maniera tale che, per il credente, la professione di fede può essere solo un qualcosa di assolutamente proprio. Lo Spirito agisce in modo tale da nascondere per amore, dietro al suo dono, il proprio volto che pure sta di fronte; egli è in noi, senza prendere il nostro posto; crede, prega, spera e ama in noi in modo da “farci credere” e “suggerirci” che in fondo ciò ci è possibile; eppure, nello stesso tempo, siamo noi a credere, sperare, sperare e amare. Per questo, infine, i teologi orientali distinguono tra lo Spirito, che in quanto persona opera in noi, e i doni che da lui provengono.
La rivelazione del suo volto si compie solo nell’eschaton, quando sarà portata a compimento l’opera dello Spirito, quella di condurre “in” lui la creazione alla pienezza della vita divina. La concessione della vita divina mediante lo Spirito porta quindi la “firma” della terza persona in modo così rilevante che colui che dona può rimaner celato dietro al suo dono e scambiato con esso. Egli stesso però, in quanto “santo” e come “colui che porta a compimento”, sta sulla linea di confine tra natura creata e increata.
tratto da Michael Kunzler, La liturgia della Chiesa, Jaca Book, pp- 94-95