In questi giorni gli ortodossi in tutto il mondo vivono il digiuno di Avvento, più correttamente chiamato “digiuno della Natività”. In esso ci è dato di meditare più intensamente il mistero indicibile dell’Incarnazione del Verbo di Dio. Sono giorni di gioia e di luce nei quali ripercorriamo le vicende della Natività di nostro Signore e glorifichiamo Dio rallegrandoci insieme agli uomini e alle donne che sono stati testimoni di quei fatti storici – la Vergine santa Maria, Giuseppe, Zaccaria, Elisabetta, i pastori, i magi – di quanto Dio abbia amato gli uomini inviando suo Figlio sulla terra.
Che cosa potremmo imparare in maniera molto semplice dal Natale per la nostra vita quotidiana?
Tanto. Prendiamo esempio da ciò che ha fatto il Signore e impariamo da lui. Non siamo chiamati, però, a una semplice mimesi, ma a iniziare ad essere, essere ciò che il Signore è, a vivere della vita di Dio. Unendoci al Signore – benedetto sia il suo Nome – mediante gli strumenti che la Grazia ci mette a disposizione (preghiera, lettura meditata delle Scritture, Eucarestia, realizzazione dei comandamenti, amore per il prossimo), diventiamo capaci di assumere in noi la sua vita. Così facendo, noi siamo ciò che lui è, perlomeno in un movimento continuo tensionale: noi ora aspiriamo a crescere sempre più secondo la misura della statura della pienezza di Cristo (cf. Ef 4,13). Ma se crediamo in lui, allora in lui viviamo, ci muoviamo e siamo (cf. At 17,28).
Che vuol dire? Vuol dire che, sì, siamo in Cristo e che, sì, Cristo vive in noi ma che anche siamo potenzialmente sempre in crescita affinché la vita di Cristo si faccia in noi sempre più evidente e più visibile. Alla luce di Cristo in noi non c’è mai limite.
1. Dio ha atteso “la pienezza dei tempi”
L’Eterno Dio che vive nel non-tempo e nel non-spazio, dall’eternità e per l’eternità, ha accettato di sottomettersi alle leggi dello spaziotempo. Leggiamo nella Lettera ai Galati:
Ma quando venne la pienezza del tempo (πλήρωμα τοῦ χρόνου), Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. (Gal 4,5)
Paolo paragona l’essere umano a un bambino, figlio di un Re: finché si è bambini si è soggetti a tutori e amministratori per tutto il tempo che decide il padre. Ma poi giunge un momento in cui si acquisisce libertà di azione. Quel momento, nella Storia dell’umanità, è giunto con la nascita del Figlio di Dio da una donna e questo momento è giunto “nella pienezza del tempo”. Qui tempo è chiamato χρόνος, tempo cronologico, scorrere di lancette, sfogliare di calendari, tempo della Storia umana dal principio alla fine dei tempi: nella pienezza di questo tempo, nella pienezza della Storia, tout court, è giunto il Figlio di Dio, nato da donna.
La Lettera agli Efesini guardando all’eschaton, il tempo ultimo inaugurato dalla prima venuta di Cristo, dice:
…Per realizzare [ciò che aveva stabilito] nella pienezza dei tempi (πληρώματος τῶν καιρῶν): il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra (Ef 1,9-10)
Dio aveva un piano, un disegno, un progetto (οἰκονομία), ricapitolare tutto, cioè l’universo intero, in Cristo, unico capo, e questa economia l’ha realizzata nella pienezza dei tempi. Qui tempo è indicato come καιρός, al plurale: la pienezza di tutti i tempi, il momento favorevole, momento giusto. Non un tempo qualunque, non un quotidiano scorrere di lancette, ma il momento X, un momento X pieno, giunto a maturazione. Come se tutta la Storia della creazione fosse fatto di tante svolte epocali. In quella che, agli occhi di Dio, è svolta delle svolte, nel momento giusto, Dio ha ricapitolato la molteplicità nell’Uno, il Figlio incarnato. Tra tutti i momenti X c’è stato un momento ancora più X in cui ciò che andava fatto è stato fatto, ed è stato fatto perfettamente.
Che cosa significa “pienezza dei tempi”? Potrebbe significare tante cose. Un tempo “pieno” significa un tempo giunto a saturazione, o meglio a maturazione. Certamente significa che era stato necessario preparare questo momento. Innanzitutto prepare un popolo da cui sarebbe nato il Salvatore. Se si vuole far risalire l’inizio del popolo di Israele ad Abramo possiamo dire che si sono voluti perlomeno duemila anni perché fosse “tutto pronto” per Dio. Un tempo di maturazione lentissimo per noi ma forse non per Dio. Israele ha iniziato a maturare con il passare del tempo l’idea di un salvatore che si è concretizzata in Mosè. Ma poi, a seguito dell’instabilità politica e spirituale del popolo dell’alleanza, sempre più sballottato e umiliato da nazioni e potenze regionali, gli ebrei hanno desiderato sempre più un salvatore definitivo che desse stabilità ed eternità alle promesse di Dio. All’epoca di Gesù possiamo parlare di un vero e proprio travaglio: tantissimi movimenti, sia di natura politica che spirituale (pensiamo alla comunità di Qumran), attendevano in maniera spasmodica una svolta radicale, un cambio epocale.
Alcuni affermano che anche storicamente e culturalmente i tempi erano favorevoli: l’impero romano era all’apogeo e la lingua greca aveva contribuito a creare ponti culturali tra le diverse regioni del Mediterraneo.
E poi Dio ha dovuto preparare Zaccaria, Elisabetta, Maria, Giuseppe. Stiamo parlando di persone, di vite, che avrebbero contribuito attivamente all’apparizione di Dio nella carne. A Dio piace che le cose siano fatte bene e non ha fretta.
Eppure, per quanto possiamo trovare giustificazioni alla “pienezza del tempo”, per noi il significato ultimo ci sfugge e rimarrà un mistero. Sappiamo quanto sia spesso arbitraria la suddivisione della Storia in periodi storici. Lo stesso può valere per le ere spirituali. Sarà sempre possibile una interpretazione della “pienezza del tempo” più corretta o più plausibile.
Per Gesù, invece, era evidente che il tempo era giunto. Lo dice e lo ripete più volte: “Il tempo è giunto”, “Il Regno di Dio si è avvicinato”… Era talmente evidente per lui che era giunto il momento X che paragona la “pienezza dei tempi” a un temporale annunciato da un cielo rosso scuro: “Quando si fa sera voi dite: Il tempo sarà bello, perché il cielo è rosso. E al mattino presto dite: Oggi avremo un temporale perché il cielo è rosso scuro. Dunque, sapete interpretare l’aspetto del cielo e non sapete capire i segni di questi tempi (καιρῶν)?” (Mt 16,2-3). I segni. Ogni χρόνος ha dei segni che lo indicano. Riusciamo a vederli?
Così è anche per la nostra vita. Anche nella nostra vita, ci sono non solo diversi χρόνος, diciamo diverse età, ma anche diversi καιρός, punti di svolta epocali e questi καιρός sono preceduti da segni. Se ci guardiamo alle spalle li vediamo bene. E se siamo credenti sappiamo che c’era la mano di Dio. Anzi, ne siamo certi. L’abbiamo vista all’opera, l’abbiamo vista prepare questo momento X. Un momento X preceduto da sofferenze simili alle doglie di un parto. Spesso però, durante le doglie, non riusciamo a capire o a vedere questo momento favorevole. E l’angoscia, il senso di smarrimento ci perseguitano. Il Signore ci invita a scrutare il χρόνος che stiamo vivendo, a leggere i segni che Dio lascia: non ci sono doglie senza parto. Se è stato così per il nostro passato, forse che non lo sarà per il nostro presente e per il nostro futuro?
Eppure è lui che, insindacabilmente, decide i tempi. Sì, è lui che decide i tempi. Dio è sovrano non solo del χρόνος, del tempo cronologico, delle lancette dell’orologio, ma soprattutto del καιρός, dei καιρός, dei momenti giusti, dei momenti X. Se sappiamo ascoltare, se sappiamo leggere i segni, il Padre buono a volte ci dice “aspetta, perché ti sto preparando la strada”, altre “vai, è tutto pronto, corri figlio mio!”, altre ancora “no, fermati, non è la tua strada, meglio altrove”. Giovanni Battista, il Precursore, l’Apripista, non è l’emblema di questo καιρός? Perfino nel concepimento, ha preceduto il Signore. Anche il Signore ha dovuto aspettare un Anticipatore, un segno di preparazione. Anche il Signore ha dovuto aspettare i tempi giusti, il momento opportuno, lui che è il Signore del tempo! Tutta la vita di Gesù è un attendere il tempo giusto. Alla prima apparizione pubblica Gesù redarguisce la Madre perché “la mia ora non è ancora giunta!” (Gv 2,4).
Il Dio eterno, prima di incarnarsi nel grembo della Vergine Maria, ha scrutato i segni dei tempi, ha preparato il terreno, ha aperto strade, ha creato connessioni. Ma soprattutto ha saputo attendere. Sappiamo farlo anche noi?
Nella vita dell’uomo, per ogni cosa c’è il suo momento, per tutto c’è un’occasione opportuna.
Tempo di nascere, tempo di morire, tempo di piantare, tempo di sradicare,
tempo di uccidere, tempo di curare, tempo di demolire, tempo di costruire,
tempo di piangere, tempo di ridere, tempo di lutto, tempo di baldoria,
tempo di gettar via le pietre, tempo di raccogliere le pietre, tempo di abbracciare, tempo di staccarsi,
tempo di cercare, tempo di perdere, tempo di conservare, tempo di buttar via,
tempo di strappare, tempo di cucire, tempo di tacere, tempo di parlare,
tempo di amare, tempo di odiare, tempo di guerra, tempo di pace (Qo 3,1-8)
Voce dal deserto