Predicare, in arabo, significa “gridare”. E’ cioè chiamare con voce forte, come fece la Samaritana: “La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?»” (Gv 4,28-29). Questa donna senza marito lasciò la brocca, dimenticò se stessa, non si curò del suo peccato, si mise alla prova e uscì a predicare. Predicò il Messia che Anna e Caifa uccisero dopo aver predicato la salvezza per tre anni e mezzo. Fu come se Cristo avesse detto alla Samaritana: “Va, corri, predica, non temere, il tuo peccato me lo porto io sulle spalle!”
Il predicatore è dunque un uomo che ha udito un giorno risuonare nel cuore la voce dell’Onnipotente che gli offriva la buona novella della salvezza. All’istante, egli dimentica se stesso, il suo peccato, la compagnia dei peccatori, i suoi errori e si lancia a richiamare tutti a quella salvezza che è entrata nel suo cuore senza averla meritata in alcun modo! Il peccatore che ha provato dentro di sé la misericordia di Dio e ha gustato il miele del pentimento è il predicatore che più di altri è capace di portare la salvezza ai peccatori e di attrarre ad essa coloro che fuggono dal volto di Dio!
L’opera missionaria sgorga dalla salvezza e non dal cuore e dalla mente del missionario. Essa attrae le menti e i cuori verso il pensiero e l’opera della salvezza, verso il cuore di Dio che chiama. La predicazione è una potenza che si spande dall’alto dei cieli e avvolge il predicatore prima di toccare coloro a cui è rivolta la predicazione.
Matta al-Miskin
(tratto da fann al-hayah al-nagiha)