Alla completezza della preghiera, che era così adeguata, Cristo ha aggiunto che dobbiamo pregare non solo che i nostri peccati siano perdonati, ma anche che possiamo evitarli: non ci indurre in tentazione, cioè: non lasciare che siamo indotti, certo da colui che tenta; del resto lungi da noi che il Signore sembri tentare, come se non fosse consapevole della fede di ciascuno o cercasse di sviarlo! Questa debolezza e questo dispetto appartengono al diavolo. Anche nel caso di Abramo, Dio ha ordinato il sacrificio di suo figlio non per tentare la sua fede, ma per provarla, per dare per suo tramite un esempio del suo comandamento che presto avrebbe stabilito, cioè che nessuno deve amare i suoi cari più di Dio. Cristo stesso fu tentato dal diavolo e mostrò il capo e l’artefice della tentazione. Conferma questo passo con quello che segue: Pregate di non entrare in tentazione (Lc 22,46); essi furono tentati di abbandonare il Signore perché si erano abbandonati al sonno invece di pregare. Corrisponde a questo la sentenza finale che spiega cosa significhi: non ci indurre in tentazione, cioè: liberaci dal male.
Tertulliano
La preghiera 8,1-6
Quando siamo intenti alla preghiera, egli ci comanda di dire: Non ci indurre in tentazione. Luca conclude la preghiera con queste parole, ma Matte aggiunge: Ma liberaci dal maligno (Mt 6,13). C’è una certa stretta connessione nelle frasi, perché quando le persone non sono indotte in tentazione sono anche liberate dal maligno. Se qualcuno forse volesse dire che non esservi indotto è la stessa cosa che essere liberato da esso, questi non errerebbe lontano dalla verità.
Cirillo di Alessandria
Commento a Luca, omelia 77
Poiché in precedenza Cristo ha stabilito molti splendidi comandamenti: che gli uomini chiamino Dio loro Padre, riconoscano la loro origine celeste, chiedano che venga il regno di Dio, non si preoccupino di dove trarre nutrimento, tutti segni di grande speranza e di giustizia, perciò ora viene aggiunto l’insegnamento dell’umiltà affinché mentre dicono: non ci indurre in tentazione, riconoscano di essere deboli e la riflessione sulla loro debolezza elimini il motivo che li spinge a gloriarsi. Domandiamo dunque due cose: che non ci induca in tentazione e che se ci avrà indotto in essa, ci liberi da questo pericolo. In realtà, se Dio esaminasse gli uomini conformemente alla verità della giustizia, nessuno potrebbe essere salvo. Perciò difficilmente ci tenta [ci mette alla prova], conscio della nostra debolezza. O se ci tenta non lo fa tanto al ungo così che noi siamo vinti dalla tentazione, ma tanto quanto mostriamo di volerla vincere; cioè, non mette alla prova la nostra virtù ma la nostra volontà. L’aPostolo ci infonde fiducia in tal senso dicendo: Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze (1Cor 10,13). Volendo glorificare l’uomo lo tenta, non per glorificarlo con un grande giudizio ma per non glorificarlo senza motivo.
Anonimo
Opera incompleta su Matteo, omelia 14
Qui Gesù ci fa comprendere chiaramente la nostra bassezza e reprime la nostra presunzione, insegnandoci che se non dobbiamo fuggire i combattimenti, non dobbiamo tuttavia gettarci da noi stessi in preda alle tentazioni. Sarà così per noi più splendida la vittoria e per il diavolo più vergognosa la sconfitta. Quando siamo trascinati alla lotta, dobbiamo resistere con tutta la nostra fermezza e con tutto il nostro vigore; ma quando non siamo chiamati alla battaglia, dobbiamo tenerci in riposo, attendere il momento dello scontro, mostrando insieme umiltà e coraggio. Dicendo liberaci dal male, intende: liberaci dal diavolo: ad un tempo, ci spinge a combattere contro lo spirito del male una guerra senza tregua, e dimostra che nessuno è malvagio per natura. La malizia non deriva dalla natura, ma dalla volontà. Chiama il diavolo il male, a causa della sua grande malizia: egli infatti, senza aver ricevuto da noi la minima ingiuria, ci fa una guerra senza quartiere; ebbene, il Signore ci invita a pregare, dicendo non liberaci dai malvagi, ma liberaci dal male, per farci intendere che non dobbiamo nutrire malanimo verso il prossimo anche quando costui ci fa del male, ma dobbiamo rivolgere il nostro odio verso il diavolo, quale causa di tutti i mali.
Giovanni Crisostomo
Commento al Vangelo di Matteo 19,6
Dopo tutto questo, al termine della preghiera, viene la conclusione che riassume in breve tutte le richieste e le nostre preghiere. Proprio alla fine diciamo: liberaci dal male, includendo tutto ciò che il nemico ordisce contro di noi in questo mondo, da cui ci può essere difesa certa e sicura se Dio ci libera, se accorda il suo aiuto a noi che lo preghiamo e lo imploriamo. Quando perciò diciamo: liberaci dal male, non rimane nient’altro da chiedere, dato che in una sola volta domandiamo la protezione divina contro il male. Ottenuta questa, siamo al sicuro e protetti contro tutto ciò che il diavolo e il mondo compia. Quale timore può infatti avere colui che è protetto da Dio in questo mondo?
Cipriano
Il Padre nostro 27
Se la vita è tentazione, non è possibile non essere tentati, ma non ci si deve far vincere dalla tentazione. Infatti colui che è consegnato, secondo quanto ha meritato, all’ignominia e alla vergogna, cade in tentazione, mentre colui che vince nella lotta non può essere tentato e, al di là delle proprie forze, non abbandonato, non cade in tentazione.
Origene
Frammento 123