La croce è un simbolo talmente archetipico che, anche se provenissimo da una cultura completamente aliena, potremmo essere in grado, probabilmente, di dedurre qualcosa del suo significato. La croce è la combinazione più semplice possibile di due piani, e attrae l’attenzione precisamente nel punto in cui questi due piani si intersecano. In quanto forma elementare, la croce fa un’affermazione visiva che potremmo mettere in questi termini: “c’è un piano verticale, un piano orizzontale, e questi si incontrano”. Prima di essere adottato dalla Cristianità, il simbolo della croce, come altre forme a essa simili, è stato utilizzato da numerose culture e religioni per esprimere il loro credo spirituale. Ciò non diminuisce il fatto che la croce sia un simbolo cristiano. Sebbene la croce sia esistita prima di Gesù, il simbolo fu adottato naturalmente dai suoi seguaci perché della sua storica connessione con la sua morte, ma anche grazie alla capacità del segno di esprimere visivamente alcune delle più profonde convinzioni della Cristianità.
Molti religioni vedevano nella polarità terra/cielo una maniera per esprimere la polarità sacro/profano, cioè, vita temporale/aldilà, o regno dei morali/regno degli dèi. Per queste religioni il movimento verticale verso i cieli era spesso accompagnato o simboleggiato da un viaggio spirituale verso l’altro mondo che spesso implicava una morte e una risurrezione. Nelle antiche culture animistiche, questo ruolo era assunto dallo sciamano, che rappresentava una persona che era morta ed era passata all’altro regno, dove il suo corpo morto era ricostruito e poi ritornava sulla terra. I rituali delle culture animistiche simboleggiavano spesso queste fasi. La differenziazione tra i due regni era simboleggiata da un polo sacro o tre che, in qualche modo, mettevano in connessione i due regni. L’albero era visto come un centro sacro che dava senso al mondo. In quanto axis mundi, esso offriva il sacro principio necessario per l’organizzazione sociale. E sebbene in molte culture (mitologia norrena, celtica, persiana e slava) questo axis mundi fosse simboleggiato da un vero albero (un simbolismo che ci è giunto nella forma dell’albero natalizio) o da una montagna, sarebbe potuto essere anche un altro genere di sito sacro che confermava questi poli o forniva la agognata comunicazione tra cielo e terra. Il famoso oracolo di Delfi, nell’antica Grecia, ne è un esempio; si credeva fosse la voce genuina del dio Apollo ed era anche nota come la “navicella della terra” – lo stesso immaginario che molti scrittori ebrei usarono per riferirsi e per descrivere Gerusalemme.
La croce, in alcune semplici interpretazioni antiche, è un semplice polo verticale. Il linguaggio delle narrazioni della Crocifissione suggerisce che la croce è la piattaforma sulla quale Cristo “salì” o dalla quale “discese”. Il significato delle dimensione verticale della croce, e il fatto che il Vangelo spesso si riferisca a essa con il termine greco di ξύλον, “legno” o “albero”, suggerisce una chiara affinità con il simbolo archetipico pre-cristiano dell’asse del mondo.
La “salita” di Gesù sulla croce aprì la strada alla risurrezione e offrì all’umanità la via della salvezza: la salita, l’ascesa spirituale dal mondo del peccato al Regno Celeste. Gesù stabilì, attraverso la sua morte e risurrezione, una connessione tra cielo e terra. Ciò è simile, simbolicamente, alle connessioni sciamaniche tra il regno spirituale e quello materiale. Ciò non dovrebbe sorprenderci: Gesù disse di sé che era la connessione tra terra e cielo. All’inizio del suo ministero, egli promise ai suoi apostoli, come registrato nel Vangelo secondo Giovanni, che essi avrebbero visto “il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo” (Gv 1,51). I momenti più significanti nell’opera di Gesù ebbero luogo nella dimensione verticale, che vediamo riflessa nel segno della croce: la sua incarnazione verso il basso, la sua morte e discesa all’Ade, la sua risurrezione e, infine, la sua ascensione.
L’altro asse, che corrisponde al raggio orizzontale della croce, è più difficile da interpretare. Secondo i Padri della Chiesa, l’immagine di Gesù con le braccia aperte sulla croce rappresenta Cristo che accetta e abbraccia l’umanità intera nelle sue braccia. Quest’invito pittorico ci indica che la Salvezza avviene per mezzo di Cristo. I Padri hanno anche paragonato l’immagine di Cristo sulla croce con l’immagine della preghiera – con le mani allargate rivolte all’insù – che indica la via della salvezza. Queste interpretazioni dimostrano la profondità di quest’immagine del Gesù crocifisso. Vediamo, ora, la croce da un livello più basico, come una forma elementare, senza il corpo di Cristo su di essa.
Mantenendo il simbolismo del significato cosmico del polo verticale, il raggio orizzontale della croce diviene un asse aggiunto che estende la croce alle estremità della terra: est e ovest, nord e sud. Sebbene la croce sia normalmente un simbolo bidimensionale, talvolta le si aggiunge un secondo polo orizzontale, perpendicolare a quello esistente. Questo tipo di croce decora le cupole e i campanili delle chiese [per esempio russe, vedere immagine, n.d.t.].
Il polo verticale da solo, non è un simbolo abbastanza forte da rappresentare la discesa continua, o meglio l’immanenza, di Dio nell’umanità e l’ascesa dell’uomo. L’aggiunta del raggio orizzontale pone la connessione sovrannaturale di cielo e terra nel contesto della comunità liturgica, riunita attorno all’asse dell’ascesa. In altre parole, mentre l’asse verticale da solo afferma che “c’è una connessione tra cielo e terra”, aggiungendo l’asse orizzontale l’affermazione precedente è modificata a significare “c’è una connessione tra cielo e terra, ed è offerta al mondo intero”.
Ponendo l’asse trasversale nel polo verticale si crea un senso di convergenza. I due raggi designano in maniera visiva un punto centrale molto potente. Tra il centro e i lati della croce vi è una relazione di emanazione e di convergenza. Il concetto diviene evidente quando disegniamo una stella in modo spontaneo. Disegniamo un semplice croce o una X, o una combinazione di entrambi come fosse un asterisco (parola che significa letteralmente “crocetta, piccola croce”). usando i lati della croce per rappresentare i raggi della stella.
Il senso visivo dell’emanare e del convergere, era più evidente nelle croci antico-cristiane. La croce più comune nella prima Cristianità era la croce equilatera o “croce greca” [vedere immagine], in cui il senso della convergenza è trasmesso in maniera molto più forte che negli altri tipi di croce.
Forse, non siamo abituati a pensare alla croce, principalmente, come a un’immagine di convergenza. E mentre c’è poco materiale a sostenere una tale interpretazione, tuttavia va detto che il simbolo della croce indica un forte punto focale che corrisponde al corpo di Cristo sul crocifisso. Nel suo atto di Salvezza dalla croce, Gesù ha invitato tutta l’umanità. La sua crocifissione fu l’invito alla salvezza. Nel Vangelo di Giovanni si legge infatti: “Quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me”. (Gv 12,32)
Il gesto fisico del segno della croce sul nostro corpo, compreso in questo contesto, fa eco al modo di concepire degli antichi scrittori cristiani dell’essere umano come microcosmo. Il segno della croce non simboleggia soltanto il dramma divino, ma anche le dimensioni cosmiche del dramma – cielo e inferi. La parte superiore e inferiore del cosmo sono “posizionati” nella parte superiore e inferiore del corpo umano. Questo appare più evidente nel segno della “grande croce” [o piccola metanoia, n.d.t.], una combinazione tra il segno della croce e una prostrazione, dove il fedele inizia il segno sulla fronte ma, invece di continuare con l’ombelico, si curvano e toccano il pavimento.
Il segno della croce afferma l’eccezionale posizione chiave dell’essere umano nella gerarchia del cosmo. E’ evidente il suo simbolismo che fa del corpo il centro dell’universo, un universo che non è impersonale. Il microcosmo dell’essere umano, che riflette il cosmo della creazione, è chiaramente incentrato su Cristo. E il centro di questo microcosmo è definito dalla croce, o dal “segno del Figlio dell’Uomo”, quale segno che appartiene sia a noi che a Cristo.
Il segno della croce sul nostro corpo professa il nostro credo in un mondo cristocentrico, collegano la nostra ascesa verso Dio auto-disciplinata con la salvezza cosmica della creazione caduta. Il cuore, il centro focale del segno della croce, per molti padri ascetici della Chiesa, rappresenta il centro dell’io, il luogo dove ha luogo la lotta spirituale. Identificando il corpo con l’universo, e invitando simbolicamente Gesù Cristo al centro del microcosmo che noi siamo, non solo riconosciamo le dimensioni cosmiche della nostra salvezza, ma poniamo la nostra fiducia e speranza in questa salvezza nel Cristo Cosmico, attraverso il quale l’intero universo è stato creato.
tradotto da Andreas Andreopoulos, The Sign of the Cross, Paraclete Press, 2006, pp. 121-126