1. Il Verbo di Dio cerca un’opera secondo verità. Così all’uomo spetta parlare, ascoltare e agire. A tal fine, infatti, si ascolta chi parla: per mettere in pratica l’opera di cui si è udito parlare.
In questo giorno è nato il Signore, la vita e la salvezza degli uomini. Oggi è avvenuta la riconciliazione della divinità con l’umanità e dell’umanità con la divinità. Oggi l’intera creazione ha trasalito di gioia; le creature dell’alto si sono volte verso quelle del basso e quelle del basso verso quelle dell’alto. Oggi si è compiuta la morte delle tenebre e la vita dell’uomo. Oggi è aperta per gli uomini una via verso Dio ed è inaugurata la via di Dio verso l’anima. Diceva un tempo il profeta: Le vie di Sion sono in lutto, nessuno si reca più alle sue feste (Lm 1,4); con queste parole si riferiva all’anima desolata e abbandonata[1]. Non vi era infatti nessuna via che conducesse Dio all’anima e ai pensieri dell’uomo, né l’anima poteva camminare verso Dio. Oggi esulta la pianura e tutto quanto vi è in essa (cf. Sal 95,12), poiché la terra dell’anima accoglie la pioggia del cielo[2]. Il Signore regna, è vestito di magnificenza (Sal 92,1). Un tempo Adamo, stabilito quale signore e re, a motivo della trasgressione, divenne schiavo del peccato, oggi regna sui suoi nemici. Sta scritto: Bisogna che egli regni (1Cor 15,25). Oggi ha reso saldo il mondo (Sal 92,1), cioè l’anima un tempo deserta, vacillante e tremante, trattenuta dal peccato nella paura e nello scoraggiamento. Sta scritto: Sotto la maledizione starai sulla terra gemente e tremante (Gen 4,12). La casa dell’anima, costruita sulla sabbia, era infatti vacillante e tremante; oggi la casa dell’anima è costruita sulla solida roccia della divinità (cf. Mt 7,24-27).
Si rallegrano gli angeli, i cieli, le stelle, il sole, la luna, la terra e tutto ciò che essa contiene, i monti e le colline esultano di gioia. Se quando Israele uscì dall’Egitto con lui si rallegrò l’intera creazione, il cielo lo protesse di giorno con una nube di luce, di notte con una colonna di fuoco (cf. Es 13,21), le montagne divennero come arieti e le colline come agnelli (cf. Sal 113,4), quanto più oggi alla nascita del vero Cristo!
Un tempo l’intera creazione gridava trascinata verso la corruzione, poiché Adamo, suo re, era caduto, ma il Signore è venuto a rinnovare la propria immagine divina, a crearla di nuovo, come era necessario. E’ terminato il tempo della condanna dell’uomo! Sono terminati i tempi predetti dai profeti! Ora Adamo viene richiamato dalla prigionia e dall’esilio: Si è fatto vicino, infatti, il regno dei cieli (Mt 3,2). E’ finito il tempo delle catene, della prigionia, della condanna di Adamo nella tenebra! Oggi gli è giunta la redenzione e la libertà della riconciliazione, la comunione con lo Spirito e l’unione con Dio. Oggi la vergogna è stata tolta dal suo volto e gli è stata data piena fiducia[3] per poter guardare a viso scoperto (cf. 2Cor 3,18) e unirsi intimamente allo Spirito. Oggi la sposa riceve lo Sposo, oggi si compie l’unione, la comunione, la riconciliazione tra cielo e terra, tra Dio e l’uomo.
2. Conveniva che, rivestendo il corpo, il Signore venisse per far ritornare gli uomini al Padre suo e riconciliarli con lui. Venne disarmato, prese l’arma dell’uomo, cioè il corpo, e con esso fece guerra alla morte e la uccise. Per mezzo di un corpo morto fu messo a morte il Nemico. Condannò il peccato nel corpo servendosi delle sue stesse armi. Come quando i nemici giungono in una città e cercano di distruggerne le mura servendosi delle proprie armi e delle macchine da guerra, cioè di balestre o altro, così il Nemico, ridotto Adamo in suo potere, si servì del suo corpo come di un’arma e per mezzo suo dominò e fece prigionieri tutti gli uomini. Ma allo stesso modo anche il Signore, usando l’uomo come un’arma, ha dissolto e annientato con questo mezzo le mura e i baluardi del Maligno, tutti i suoi espedienti e le malvage invenzioni di cui si era servito contro l’uomo, come è detto: Quale la sua tenebra, tale è la sua luce (Sal 138,12), e: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo (1Cor 15,22).
3. Un tempo l’umana natura lontana da Dio era morta; l’anima era priva di frutti, sterile, infeconda. Ora ha accolto un seme dal cielo per poter dare i frutti dello Spirito. Adamo era solo, da lui era stata creata la donna, ma se Adamo non si fosse unito alla sua donna, non avrebbe dato frutti. Così se l’anima non si unisce a Cristo e non entra in comunione con lui[4] non può dare i frutti dello Spirito. Il seme divino, infatti, cioè la Parola caduta in Maria (cf. Mt 13,8), madre di Dio, cade in tutte le anime che hanno fede e così esse nascono dalla stirpe spirituale della salvezza, come sta scritto: Nel tuo timore, Signore, abbiamo concepito, abbiamo sentito i dolori del parto, abbiamo generato lo Spirito di salvezza (Is 26,18)[5], ed è così che l’anima porta frutto per Dio. La donna, quando ha le doglie, è afflitta, ma quando ha partorito gioisce perché è venuto al mondo un uomo (cf. Gv 16,21). Anche l’anima che ha ricevuto il seme celeste, fino al momento di provare le doglie è nella tribolazione, tormentata da svariate tentazioni, ma quando ha partorito, cioè ha raggiunto la perfezione, gioisce senza fine di gioia indicibile perché un uomo celeste, un uomo nuovo è nato al mondo dell’alto[6].
4. Come il Signore, avendo preso un corpo, lo trasportò e lo fece sedere in alto alla destra della Maestà nelle altezze, così ora trasferisce e trasporta nel suo regno le anime che hanno fede e sono degne di Dio, avendole generate dall’alto, dal proprio Spirito, come dice lui stesso: Chi crede in me è passato dalla morte alla vita (cf. Gv 11,25 e 5,24). Quelli che credono in verità, pur rimanendo sulla terra, servono il Signore nell’alto, nei cieli, e lui stesso mentre siede sul trono della sua Maestà si riposa qui in basso nelle anime dei santi che sono per lui come dei troni. L’intera chiesa dei santi, infatti, forma le sue membra, è il suo corpo (cf. Ef 5,30), e lui è il capo della chiesa (cf. Ef 5,23). Come in tutto il corpo vi è un’anima sola e ciascun membro del corpo è governato dall’unica anima, così tutti i santi vivono per l’azione dello Spirito divino e da lui sono governati e ciascun membro vive nella realtà divina, nell’anima divina.
5. E come il corpo umano, se è privo di una mano, di un piede, di un occhio, è mutilo, così anche l’anima priva dell’anima celeste e dello Spirito divino è incompleta e mutila e si trova respinta dal regno. Sta scritto: Se uno non rinasce dall’alto, non può entrare nel regno di Dio (Gv 3,3.5)[7]. L’uomo che ha due mani, due piedi e due orecchie è perfetto, ma perché l’uccello possa volare gli sono necessarie due ali; con un’ala sola non vi riesce. Agli uomini sono stati dati due testamenti e, senza il Nuovo, il primo è inefficace; e tutti i gioghi, pur essendo doppi, formano un giogo solo e così risultano perfetti. Tale deve essere anche il vero cristiano: al Signore, infatti, è piaciuto che egli avesse due anime[8], una creata e una celeste, dono dello Spirito divino, e così i cristiani possono essere perfetti e utili per il regno dei cieli e possono volare ed essere sollevati dalle ali dello Spirito[9].
6. Il cielo ha un nome maschile e la terra un nome femminile, così lo sposo celeste, il Cristo, e la sua sposa, l’anima adorna di bellezza e libera dalle passioni. Dall’alto, da Dio discende la pioggia e l’anima che l’ha accolta come ottima terra (cf. Mt 13,8) produce i frutti dello Spirito. Se Eva non si fosse unita ad Adamo, sarebbe stata sterile e infruttuosa, così anche l’anima se non si unisce allo Spirito e non si congiunge allo sposo celeste, il Cristo, si trova vedova, sterile e infruttuosa per il regno dei cieli. Ma anche lo sposo celeste, in assenza del fervore dell’uomo e della sua volontà[10], non viene a dimorare in lui né si unisce a lui. Come il vino mescolato all’acqua diventa bevibile e dolce, così anche la divinità si è mescolata[11] all’umanità affinché tutte le anime che vogliono e che hanno fede siano mescolate al suo Spirito e così la loro volontà sia trasformata e divenga dolcissima e piacevole. Come la lana messa a bagno nella porpora diventa con essa una sola cosa, così le anime perfettamente battezzate nello Spirito diventano una porpora spirituale come sta scritto: Ciò che è nato dallo Spirito è Spirito (Gv 3,6). E come il corpo del Signore unito alla divinità è Dio, come il ferro gettato nel fuoco è fuoco, e nulla può toccarlo o avvicinarsi a lui senza essere distrutto e consumato a eccezione del fuoco che solo può stare a contatto con il fuoco o dei carboni ardenti che possono stare con altri carboni ardenti senza patirne danno, così l’anima intera, purificata dal fuoco dello Spirito e divenuta fuoco e Spirito[12], può avvicinarsi al corpo immacolato di Cristo. Ma l’anima che non è iniziata a questo Spirito non può avvicinarsi né volgere lo sguardo a quel divino fulgore e vivere in esso. È bene che ciascuno viva là dove è stato generato: gli animali acquatici vivono nell’acqua poiché lì sono stati generati, gli uccelli del cielo volano nell’aria e in essa trovano riposo. Così avviene per la vita dell’anima; l’atmosfera propria di quelle che hanno le ali dello Spirito si trova nelle regioni superiori della divinità, perché è là che sono nate[13].
7. Come l’auriga guida tenendo in mano le redini e conduce gli animali come sa e come vuole, così anche il Signore nelle altezze guida e conduce le creature nel cielo e sulla terra come lui sa[14]. Egli infatti è nei cieli assiso alla destra della Maestà e abita sulla terra, è unito a tutti i santi e abita con loro. Egli è in alto ed è in basso, è Dio ed è uomo, è il vivente ed è colui che è morto, è il Signore di tutti e il servo di tutti, è l’agnello ed è il sacrificio, è il vitello grasso immolato ed è il sommo sacerdote che immola, è colui che ha patito e l’impassibile, è lo Sposo ed è la sposa, è la stanza e il letto nuziale, è il paradiso e l’albero della vita (cf. Gen 2,9), è la città di Gerusalemme ed è il tempio e il Santo dei santi, è l’oceano e la terra, è il cibo delle anime ed è colui che si sazia della loro salvezza, è il pane vivente (cf. Gv 6,48) e l’acqua di vita (cf. Gv 4,10), è la vera vite (Gv 15,1) ed è il vino di allegrezza, è la perla (cf. Mt 13,45-46) e il tesoro (cf. Mt 13,44), è la rete (cf. Mt 13,47) ed è colui che combatte, è l’arma ed è il vincitore (cf. Ap 5,5; 17,14), è la circoncisione ed è il sabato e la legge, è il capo della chiesa dei santi (cf. Ef 5,23) ed è il granello di senape (cf. Mt 13,31-32), è la vite (cf. Gv 15,1) ed è l’aratro (cf. Lc 9,62), è la grazia e la fede, le nozze e la veste nuziale (cf. Mt 22,12), è la via (cf. Gv 14,6) e la porta (cf. Gv 10,9), è il sole di giustizia (cf. Mal 3,20; Lc 1,78) e la luce (cf. Lc 2,32; Gv 1,4s.) delle anime, è la vita (cf. Gv 14,6) e il regno, è il principio e la fine (Ap 21,6), è al di là di tutto ed è colui che si fa tuto in tutti (1Cor 15,28).
In questo giorno è nato per noi questo santo e divino figlio (cf. Is 9,5), salvezza e vita delle anime nostre.
Gloria alla sua grandezza! Gloria al suo amore per gli uomini! Gloria alla sua incomparabile provvidenza riguardo al genere umano.
Supplichiamolo dunque anche noi e abbiamo fede di riceverlo affinché, trovatolo, possiamo gioire (cf. Lc 2,16-20), poiché tanti beni sono giunti in noi per volontà del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, nei secoli. Amen.
tratto da
Pseudo-Macario, Pace tra cielo e terra : omelie 51 e 52
(a cura di Lisa Cremaschi), Qiqajon, 1996.
[1] Cf. Om. 28,1: “Un tempo Dio, adirato con i giudei, consegnò la Gerusalemme visibile ai nemici e quelli che l’odiavano dominarono su di essa e non vi furono più né feste, nè offerte; così, adirato a motivo della trasgressione del comandamento, la consegnò ai nemici, ai demoni e alle passioni, e questi, tratta in inganno l’anima, tutta la devastarono; in essa non vi furono più né feste, né incenso, né offerte che salissero a Dio, poiché le sue vie erano piene di orme di terribili bestie feroci e di serpenti, gli spiriti del male che qui avevano stabilito la loro dimora”.
[2] Cf. Om. 26,19: “Abbiamo raccontato più volte la parabola del contadino che, pur faticando e gettando il seme nella terra, deve anche attendere la pioggia che viene dall’alto. Se difatti non appaiono le nuvole e non soffiano i venti, a nulla giova la fatica del contadino perchè il suo seme giace nudo sotto terra. Applica questo anche alle cose spirituali. Se l’uomo si accontenta di perseverare nella sua opera e non accoglie qualcosa di estraneo alla sua natura, non può portare al Signore frutti degni (Lc 3,8). Ma qual è l’opera dell’uomo? Rinunciare, uscire dal mondo, perseverare nella preghiera, vegliare, amare Dio e i fratelli. Questo è il suo compito. Ma se si ferma alla propria opera e non spera di ricevere qualcos’altro, se non soffiano nell’anima i venti dello Spirito santo, se non compaiono le nubi celesti e la pioggia non scende dal cielo e non viene a irrigare l’anima, l’uomo non può portare al Signore frutti degni (Lc 3,8)”.
[3] In greco: parresía, che significa letteralmente “dire tutto”; il termine designa la libertà di parola e, dunque, la fiducia, la confidenza, la franchezza. E’ un termine impiegato sovente nel Nuovo Testamento per indicare la piena fiducia del credente nel Signore (cf. 2Cor 3,12; Ef 3,12; 1Tm 3,13; Eb 4,16; 1Gv 3,21 e 4,17; ecc.).
[4] Il tema delle nozze mistiche tra l’anima e il suo Signore, assai frequente nelle Omelie (cf. Om. 4,14-15; 8,1; 10,4; 18,7; 38,5; 45,7), venne frainteso dai padri conciliari di Efeso. Tra le affermazioni attribuite ai messaliani e condannate dal concilio troviamo la seguente: “Dicono che l’anima deve percepire questa comunione con lo sposo celeste come la donna percepisce l’unione coniugale con l’uomo” (Giovanni Damasceno, De haeresibus 80,8, PG 94,732A).
[5] Cf. nella Collezione III l’Om. 28,2: “La vergine sapiente sappia che deve avere in se stessa il Cristo come Maria. Come Maria portava il Cristo nel suo seno, così tu devi portarlo nel tuo cuore, e allora potrai recitare i salmi con intelligenza (cf. Sal 46,8) e dire: Nel tuo timore, Signore, abbiamo concepito, abbiamo sentito i dolori del parto, abbiamo generato lo Spirito di salvezza (Is 26,18)” (Pseudo-Macaire, Oeuvres spirituelles. Homélies propres à la Collection III, a cura di V. Desprez, SC 275, Paris 1980, p.334).
[6] Ai messaliani veniva atribuita la pretesa di affermare che l’uomo spirituale, raggiunta la perfezione, possedeva stabilmente e definitivamente lo Spirito ed era libero nei confronti di qualsiasi norma etica. Nelle Omelie si ribadisce invece a più riprese che gli uomini spirituali “conservano i pensieri naturali e possiedono la volontà per accondiscendere ad essi” (Om. 12,8) e che Dio talora ritira la sua grazia affinché l’uomo non si inorgoglisca (cf. Om. 8,5, 15,29; 16,13; 27,8, 32,10).
[7] cf. Om. 30,3: “Il Signore vuole accordare tale nascita a tutti gli uomini perché per tutti è morto e tutti ha chiamato alla vita. Ma la vita è la nascita dall’alto, da Dio. Senza di essa è impossibile che l’anima viva, come dice il Signore: Se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio (Gv 3,3)”.
[8] Cf. Om. 15,35: “Da quando Adamo trasgredì il comandamento, il serpente è entrato ed è divenuto padrone della sua casa, e vi è come un’altra anima accanto all’anima. Dice infatti il Signore: Chiunque non rinnega se stesso e non odia la propria anima, non è mio discepolo (cf. Mc 8,34), e: Chi ama la propria anima la perderà (Gv 12,25)”. La coesistenza di due anime nell’uomo era uno dei punti contestati ai messaliani. Le espressioni dello Pseudo-Macario vanno comprese alla luce dei passi biblici da lui citati e non sono da interpretarsi in senso metafisico. Oltre all’anima che deve essere “odiata” (Mc 8,34), l’uomo riceve un’anima celeste, dono dello Spirito.
[9] La metafora platonica delle ali dell’anima è assai frequente nei testi dei padri. Anche nelle Omelie dello Pseudo-Macario si rappresenta l’anima come provvista di ali, “le ali di colomba” (Sal 54,7) donate dallo Spirito, che la sollevano nelle altezze della contemplazione.
[10] Cf. Om. 37,10: “La volontà dell’uomo è come una disposizione essenziale; in assenza della volontà, per rispetto della libera decisione dell’uomo, neppure Dio fa qualcosa anche se potrebbe”.
[11] L’espressione, di origine stoica, designa una mescolanza di due sostanze che mantengono inalterate le loro proprietà; nella patristica greca viene impiegata per esprimere l’unione della natura umana e della grazia. Lo Pseudo-Macario ricorda che l’anima sceglie liberamente se unirsi allo Spirito o se unirsi al male ed essa “fa propria la volontà di ciò cui si è intimamente congiunta” (Om. 1,8).
[12] Cf. Mt 3,11.
[13] Cf. Om. 14,5: “Così i cristiani hanno quale cibo il fuoco celeste; esso è il loro riposo, li purifica, li lava, santifica il loro cuore, li fa crescere, è per essi aria e vita. Se escono di là, periscono a causa degli spiriti malvagi come quegli animali muoiono al di fuori del fuoco, come i pesci muoiono al di fuori dell’acqua”.
[14] Il tema è ampiamente sviluppato nell’Om. 1, che commenta la visione del profeta Ezechiele (cf. Ez 1,4-28); nel carro su cui era assiso il Signore, il profeta “contemplava il mistero dell’anima che avrebbe accolto il suo Signore e sarebbe divenuta per lui trono di gloria” (Om. 1,2).