“Dove io vado, voi non potete venire” (Gv 8,21). Essendo, infatti, vero Dio, non sono assente in nessun posto, ma riempio tutto, e sono con tutti, abito soprattutto il cielo, stando molto volentieri con i santi spiriti. Ma poiché amo anche gli uomini, e sono Creatore dell’universo, non ho potuto sopportare il danno delle mie creature, mentre vedevo l’uomo precipitare nell’estrema rovina. Lo vedevo precipitato dal peccato nella morte e conveniva protendere la mano per aiutare chi era caduto, occorreva in ogni modo portare aiuto a chi era caduto. Occorreva salvare chi era perduto, occorreva che un medico soccorresse quelli che erano in pericolo, occorreva che a chi moriva fosswe presente la vita, e che la luce soccorresse chi era nelle tenebre.
Ma non era in vostro potere, essendo voi uomini, salire in cielo e convivere con il Salvatore. Per questo sono venuto io da voi; ho sentito spesso i santi gridare: “Piega i tuoi cieli e discendi” (Sal 144,5). Sono venuto, pertanto, dice, avendo piegato i cieli: infatti non si poteva sperare che voi sareste venuti qui. Per il tempo, dunque, che sono con voi scegliete la vita, purificatevi per mezzo della fede, mentre è presente chi può avere misericordia di voi.
Andrò infatti, o meglio, ritornerò dove voi non potete venire, e sebbene, spinti da un pentimento fuori tempo, cerchiate chi dà la salvezza, non lo troverete. Si può, dunque, arguire da ciò quale sia la conseguenza. Morirete cioè nel peccato e, gravati dai vostri peccati, sarete gettati, miserabili, nel carcere della morte, per pagare qui la pena della vostra lungua incredulità.
Il Salvatore, dunque, essendo buono e molto misericordioso, esorta i Giudei alla salvezza con il timore dei mali futuri, anche se essi non vogliono.
Cirillo di Alessandria
Commento a Gv 8,21
Commento al Vangelo di Giovanni, II, Città Nuova, Roma, pp. 83-84