Il racconto dei due discepoli di Emmaus (Lc 24,12-35) ci parla di un viaggio dall’ignoranza verso una mente illuminata. Una mente per essere illuminata necessita di approfondire, di comprendere, di evolversi. Inoltre, essa necessita di un’anima santa, retta, che cammina su una via chiara, e di una vita santa, ovvero di una condotta pura, secondo i comandamenti di Dio.
La via verso Emmaus: il viaggio dell’ignoranza
1. La chiusura mentale
“Quando porrete fine alle vostre chiacchiere? Riflettete bene e poi parleremo” (Gb 18,2)
I due discepoli di Emmaus si misero a parlare prima di capire e questa è la cosa peggiore che si possa fare, sia su un piano piccolo, come può essere quello della famiglia, che su un piano più ampio, come quello della società. Il viaggio verso l’ignoranza ci porta a parlare prima di comprendere. Il nostro maestro Paolo Apostolo dice al suo discepolo Tito: “…ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà” (Tt 2,12). Riflettete bene, poi parlate.
2. Mancanza di visione
Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo (Lc 24,16)
I loro occhi erano impediti a riconoscere, ovvero mancavano di visione. L’essere umano ha una mente per pensare. La gente spesso dice: “Tizio ha la mente cieca”, ovvero è privo di visione. Così, a causa della loro mancanza di visione, i due discepoli non furono in grado di riconoscere il Cristo che era insieme a loro, lui che aveva vissuto così tanto tempo con loro! Essi non avevano capito la Sacra Scrittrura.
Il versetto “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme? (Lc 24,18) indica la pericolosità del considerarsi giusti da soli. È come se i due discepoli si ritenessero unici possessori della verità sul Cristo. Colui che cammina insieme a loro, invece, viene considerato come un forestiero che non sa niente.
3. Il volto corrucciato
Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino, col volto triste? (Lc 24,17).
Una delle caratteristiche dell’ignoranza è il volto corrucciato. I due discepoli avevano perso la pace e la gioia. Il libro dei Proverbi dice: “Un cuore lieto dà serenità al volto, ma quando il cuore è triste, lo spirito è depresso” (Prov. 15,13). Questo perché, sulla via dell’ignoranza, non possedevano la gioia che è segno di salute spirituale.
4. Lo sbigottimento
Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo (Lc 24,22).
L’ignoranza ha posto un grande ostacolo che ha impedito loro di godere della benedizione di Cristo: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24,32).
Il ritorno a Gerusalemme: il viaggio verso l’illuminazione e la vera conoscenza
I due si diressero verso Gerusalemme, verso la città del Re della Pace.
1. Apertura della mente
Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! (Lc 24,25).
È necessario che noi capiamo ciò che viene detto, lo viviamo e lo facciamo nostro.
2. L’illuminazione
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. (Lc 24,30).
Quando si è presentata l’occasione di stare una presenza di Cristo, un lampo è passato per la mente e il cuore. Ecco perché i periodi di silenzio, di ritiro e di quiete sono così importanti. Caratteristica del mondo moderno è il suo essere chiacchierone. Perché ritengo sempre di aver ragione? Perché non mi siedo a meditare: forse potrei aver torto!
3. La gioia
Dopo che il Signore Gesù Cristo li lasciò, i due discepoli tornarono gioiosi perché il loro cuore era stato ricolmato di letizia dalle parole che il Signore aveva scambiato con loro. Era tanta la gioia che corsero dai loro fratelli per informarli della buona notizia.
4. La certezza
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane (Lc 24,33).
Con la mente illuminata dal Signore, ebbero la certezza della Risurrezione.
Vorrei trarre alcune conclusioni da quanto detto.
Quando diciamo “aprire la mente” non intendiamo dire che bisogna accettare qualsiasi cosa senza vagliarla. Bensì bisogna dare a noi stessi l’occasione di capire: “Non sanno né comprendono; una patina impedisce ai loro occhi di vedere e al loro cuore di capire” (Is 44,18).
Una mente, per essere aperta, ha bisogno di studiare, di approfondire, di tempo, di attendere la voce di Dio. Non dobbiamo agire soltanto in base al nostro pensiero. Abbiamo bisogno di innalzare preghiere e di piegare le ginocchia, abbiamo bisogno di aprire la Bibbia affinché la nostra visuale si apra alla volontà di Dio.
Una mente aperta e illuminata rende evidente la presenza di Cristo e rende percepibile la compagnia di Dio.
Riflettiamo poi parliamo. Apriamo le nostre menti, e capiremo le Scritture.
Tawadros II
Papa di Alessandria e Patriarca della predicazione di San Marco
tratto da: al-Kiraza, anno 47, n. 23/24, 14 giugno 2019, p. 3
tradotto dall’arabo da Natidallospirito.com
Dello stesso autore si legga anche Lo spirito di rinnovamento