Nella Scrittura vediamo che è il Signore stesso che pone la pietra d’angolo del metodo ascetico fatto di rinuncia e di spoliazione che si fonda sul contenimento della carne mediante lo sforzo volontario e la volontà libera e decisa[1]. Ascoltiamo queste parole di luce:
Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco (Mt 18,8-9).
Con queste parole Cristo innalza la pratica ascetica al suo grado più alto mediante l’uso di una volontà libera e tagliente scevra di tergiversazioni, senza mezze soluzioni o qualunque altro surrogato. Cristo ha fatto giungere l’inimicizia tra noi e l’inciampo che porta al peccato e alla perdizione al punto di sacrificare la pace, la quiete e la salute del corpo in modo inequivocabile e chiaro. Questa è l’immagine concreta con la quale Cristo ha disgiunto l’interesse corporale dalla meta spirituale – il raggiungimento della vita eterna – in vista della quale il cristiano è stato battezzato. Il “tagliare la mano e cavare l’occhio” indicano fino a quale punto, secondo Dio, può spingersi la sincerità della ricerca della santità, della purezza e del dominio sulla carne e sui sensi, per giungere alla vita con Dio.
In questo senso, la nostra lotta con la carne non è delegata alle potenzialità personali o a soluzioni di comodo che proponiamo a noi stessi o agli altri, soluzioni che solleticano le voglie personali o l’umore del corpo. Cristo, infatti, ha posto per tutti e senza alcuna eccezione quest’unica estrema soluzione a cui deve giungere e arrestarsi la lotta qualora la situazione lo richiedesse e ha esplicitato questo estremo richiamo in un modo così serio e perfino imbarazzante da scuoterci nel profondo per farci decidere una volta e per tutte tra la vita e la morte. Senza alcun dubbio questo brano ci mette davanti alla gravità della guerra che dobbiamo combattere contro la carne. Questo insegnamento divino, insolito e importante, è capace di accendere la volontà incapace e di sollevare il morale della persona debole e fiacca, attizzando il fuoco dello zelo verso la santità anche nei cuori vigliacci. Perché se noi tenessimo la morte davanti agli occhi, come termine della lotta posta davanti a noi, qualsiasi inciampo, per quanto malefico, attraente, potente o seducente, sarebbe dominato e schiacciato sotto i piedi.
Dunque, la lotta con la carne non è come la lotta con satana. Qui noi siamo responsabili di quello che abbiamo dentro e alla nostra volontà è richiesto di profondere il massimo sforzo e di imporre il suo impero. Cristo non ha proposto strumenti per contenere le passioni dell’occhio o per dominare gli inciampi che provengono dalle altre parti del corpo ma, da un lato, ha messo in luce la responsabilità che si deve accollare la volontà per contenere il membro di scandalo e dall’altro ha chiarito la potenzialità che ha la volontà di mettere fine all’inciampo. Poi, ci ha lasciati liberi di realizzare la nostra opera, di fare il nostro sforzo, usando il nostro potere, con tutta la risolutezza e lo zelo che abbiamo.
Si faccia attenzione a una cosa, però. Questo meraviglioso quadro ascetico che il Signore ci ha tratteggiato ha sullo sfondo la Croce: le mani e i piedi sono inchiodati, l’occhio ha la luce spenta a causa del nostro scandalo, come prezzo di riscatto per il peccato che ha dominato sulla nostra carne debole.
La lotta ascetica attiva, che si compie mediante la libera volontà, trae la sua forza dalla comunione reale con la vita di Cristo e con l’evento della Croce, anche se dovesse giungere ai confini della morte stessa: “Portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (2Cor 4,10).
Cristo non ha odiato il suo corpo che ha consegnato
alla morte. Ha invece aborrito il peccato e, a causa di esso, ha lasciato che
il suo corpo fosse maltrattato. La lotta ascetica secondo
il Vangelo è un colpo inferto alla morte, una vittoria per la vita eterna e non
un puro desiderio di mortificazione: “Se mediante lo Spirito fate morire le
opere del corpo, vivrete” (Rm 8,13), “Chi crede in me, anche se muore,
vivrà” (Gv 11,25).
[1] Cf. Introduzione, pp. 27-28.
Matta el Meskin
tratto da: Matta el Meskin, L’ascesi cristiana, San Macario Edizioni, 2018, pp. 89-92