La conversione è la concretizzazione del detto evangelico: “Chi si abbassa sarà innalzato” (Lc 18,14). Più ci umiliamo più ci innalziamo e ci trasformiamo. La conversione è quindi un’operazione di trasformazione continua che va in basso con la volontà ma che risale con la grazia. È questo il senso vitale del termine metánoia. Pertanto la conversione è il contrario di una giustizia autodichiarata che si traduce nell’autosufficienza e in una sensazione di essere “a posto”. È proprio quando ci sentiamo così che l’operazione di trasformazione interiore verso l’alto si arresta perché non ne sentiamo più bisogno. L’uomo che si vede santo ritiene di essere in uno stato di grazia e dunque non sente più la necessità dell’umiltà. Qui l’equazione evangelica si ribalta: “Chi si innalza sarà abbassato” (Lc 18,14). Avviene, cioè, una dinamica di trasformazione contraria, una caduta e una dispersione spirituale continua.
Siamo davanti a un metodo concreto che gli scritti dei Padri ci raccontano come è stato praticato. Ad esempio scrive mar Isacco il Siro:
La conversione è consona a ogni tempo e a ogni persona, ai peccatori come ai giusti che aspirano alla salvezza. Non vi sono infatti limiti alla perfezione. Al contrario, se qualcuno si sente perfetto ciò che sente è proprio l’imperfezione. Le opere e il tempo della conversione hanno bisogno sempre di essere portate a perfezione, fino al momento della morte.
Traduzione dall’arabo. Cf. Isacco il Siro, Discorsi ascetici, I,32 in The Ascetical Homilies of Saint Isaac the Syrian, a cura di D. Miller, The Holy Transfiguration Monastery, Boston 1984, p. 153.
Questo metodo concreto, evangelico e paterno, è conforme al concetto teologico nel senso dell’avvicinamento e dell’unione con Dio. È noto, infatti, che teologicamente più noi ci uniamo a Dio più percepiamola nostra piccolezza e la nostra impotenza.
L’anima che non pratica la trasformazione interiore mediante la metanoia, cioè la conversione mediante la contrizione verso Dio,non accoglie la grazia. Questo può essere il segno di una sclerocardia e può essere sintomo di morte. Da qui deriva l’estrema importanza della conversione come azione di vita o di morte simile al battesimo. Anzi, alcuni Padri ritengono la conversione ancora più importante del battesimo stesso. Ad esempio, scrive Giovanni Climaco:
Più grande del battesimo è la fonte delle lacrime che sgorga dopo il battesimo, per quanto l’affermazione possa essere un po’ ardita.
Giovanni Climaco, La scala, Qiqajon, Magnano 2005, p. 194.
In realtà san Giovanni Climaco non esagera a nostro avviso perché la conversione è il frutto della grazia del battesimo e da esso trae la sua forza misteriosa.Colui che non pratica la conversione è come se non avesse mai ricevuto il battesimo nel senso che o la conversione dà efficacia al battesimo oppure la non conversione è come se l’annullasse. Da qui l’estrema importanza della conversione.
Il lettore faccia attenzione al fatto che la parola“fonte delle lacrime”, che indica la penitenza e la conversione e che san Giovanni Climaco usa continuamente, e, in generale, tutto ciò che i Padri chiamano “piangere per i peccati”, è, in realtà, un’azione della grazia e non uno sforzo personale, è un dono e non un’ascesi. Mar Isacco il Siro lo definisce “il dono delle lacrime” (cf. Isacco il Siro, Discorsi ascetici, I,64 in The Ascetical Homilies of Saint Isaac the Syrian, p. 307). Esso è anche il segno di una conversione fruttuosa. Pertanto, le lacrime indicano in maniera misteriosa la vera gioia e la prova di ciò ce la danno le parole del Signore: “Beati voi che ora piangete, perché riderete” (Lc 6,21). Le lacrime piene di speranza rientrano nel mistero della conversione perché sono la prova che il penitente è entrato nella grazia e sono simbolo e indice nascosto che ha raggiunto lo stato della gioia vera.
Da qui capiamo come le lacrime hanno il potere di lavare i peccati non in quanto azione umana volontaria, dal momento che la più grande opera dell’uomo è incapace di espiare il più piccolo peccato, ma perché le lacrime sono un dono dello Spirito Santo e una delle opere evidenti della grazia che svelano che la potenza di Dio ha iniziato a penetrare nel nostro essere. Le lacrime, in fondo, sono l’annuncio che è avvenuto un cambiamento interiore. Esse, quindi, sono anche la prova del mistero e della potenza della conversione.
Tratto da: Matta el Meskin, L’ascesi cristiana, San Macario Edizioni,
Wadi el Natrun 2018, pp. 44-47
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