Natidallospirito.com si unisce con la preghiera alla sofferenza dei monaci del Monastero di San Macario il Grande e a quella dei fratelli copti per l’improvvisa scomparsa del monaco, abate, vescovo e studioso anba Epiphanius, ucciso barbaramente. Cercheremo di pubblicare quanto più possibile piccoli articoli scritti dal nostro padre Epiphanius per rendere degna memoria a un uomo di straordinaria umanità, mitezza, umiltà, sapienza, amore. Per il suo sangue innocente e le sue intercessioni, il Signore abbia compassione del monastero, dei monaci, della Chiesa copta e del suo Patriarca Tawadros, e non permetta che le tenebre trionfino sulla luce, l’odio sull’amore, l’arroganza sulla mitezza.
Abbiamo già pubblicato negli scorsi anni alcuni articoli del nostro padre Epiphanius che mettiamo a disposizione di nuovo a tutti coloro che desiderino conoscerlo meglio:
La vera gioia scaturisce dal sepolcro vuoto (anba Epiphanius)
Il perdono nella vita di padre Matta El Meskin (anba Epiphanius)
Che bisogno abbiamo della Resurrezione? (anba Epiphanius di san Macario)
Nel tropario che si ripete molte volte durante la Settimana santa diciamo nella prima parte: “A te la forza, la gloria, la benedizione e la potenza per l’eterno, amen. O Emmanuele nostro Dio, nostro Re”. Lo diciamo al plurale. Nel secondo brano recitiamo: “O mio Signore Gesù Cristo mio buon Salvatore”. Il testo è al singolare. Lo scopo è confermare che ciò che ha compiuto Cristo sulla Croce necessita di una fede personale per poter essere accolto. Allo stesso tempo afferma che Cristo quando è morto sulla Croce è morto per me e per te, personalmente, è morto per ogni essere umano in mezzo a noi, ognuno con il suo nome e la sua persona. Perciò vediamo che l’Apostolo Paolo conferma questa dimensione personale dicendo: “Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20).
Nel Credo che la Chiesa recita ogni giorno, troviamo questa espressione: “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, si è incarnato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine, si è fatto uomo e fu crocifisso per noi”. Quest’importante formulazione teologica indica che la crocifissione di Cristo sulla Croce avvenne per me e per te. Il suo amore per noi è un amore personale e profondissimo. Possiamo ripetere con il profeta Isaia il canto del servo sofferente mantenendolo al plurale, ma nulla ci vieta di pronunciarlo al singolare: “Egli si è caricato delle mie sofferenze, si è addossato i miei dolori […] Egli è stato trafitto per le mie colpe, schiacciato per le mie iniquità. Il castigo che mi dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe io sono stato guarito” (Is 53,4-5).
Nel libro “Compendio della vita di Gesù Cristo”, il fisico, filosofo, matematico e scrittore francese Blaise Pascal (1623-1662) – uno dei più grandi intellettuali che l’umanità abbia mai partorito – ricorda la storia della sua conversione. Scrive: “A mezzanotte del 23 novembre 1654 il Signore Gesù mi ha parlato dicendo: ‘Blaise, pensavo a te durante le mie sofferenze’”. Quest’esperienza fu all’origine della fede di questo filosofo. Ebbe la certezza che l’evento della Croce di Cristo fosse per lui personalmente. È come se Cristo gli avesse detto: “Blaise, è per te che ho sopportato tutto questo”. Il Signore Gesù ha sofferto, è morto, è stato seppellito ed è risorto di nuovo, non genericamente per l’umanità, ma, specificamente, per ogni singolo essere umano.
Il grande santo russo Tichon di Zadonsk (1724-1783) scrive in questo stesso senso: “Ti hanno venduto, o Signore, ti hanno consegnato ai peccatori, affinché tu donassi a noi schiavi la libertà. Ti sei sottomesso a un processo iniquo, o tu che giudichi tutta la terra, affinché noi potessimo salvarci dal giudizio eterno. Ti sei spogliato per rivestirci del manto della salvezza. Hanno posto sulla tua testa una corona di spine affinché noi ottenessimo la corona della vita. Sei stato posto in una tomba per farci risorgere dalla morte della tomba. Ciò hai fatto per noi tuoi servi indegni, o Signore”.
Non possiamo comprendere a pieno la Croce e la Risurrezione se non sperimentiamo che ciò che Cristo ha compiuto lo ha compiuto per noi, per ogni singola persona.
Un grande Venerdì (Venerdì santo) accadde che tre giovani passarono davanti a una chiesa di Parigi e notarono una lunga fila di fedeli in attesa di confessarsi. Non credendo, i tre ragazzi in Cristo iniziarono a prendere in giro i fedeli dicendo che tutto ciò che era accaduto in questo giorno – il venerdì della Crocifissione – era soltanto una farsa storica. Uno di loro decise di entrare e di parlare con il sacerdote per dirgli cosa pensava di Cristo e della cristianità. Quando il ragazzo vide il prete gli disse: “Stavamo camminando fuori dalla chiesa e abbiamo visto tutta questa gente in attesa di confessarsi. Visto che è tutta una buffonata abbiamo deciso di entrare e di dirtelo”. Al che rispose il sacerdote: “D’accordo. Ma, prima di uscire dalla chiesa, ti chiedo una sola cosa: vai davanti all’altare principale e guarda Gesù appeso sulla croce e digli: ‘Sei morto per me, o Cristo, ma non me ne importa niente’. Voglio che tu lo ripeta tre volte. Poi puoi uscire”. Il ragazzo acconsentì e andò verso l’altare. Guardò il corpo del Signore Gesù appeso alla Croce e a stento riuscì a dire: “Sei morto per me…” e subito si allontanò dall’altare. Il prete lo fermò e gli disse: “Mi hai promesso di dirlo tre volte”. Il giovane, titubante, ritornò. Guardando Cristo gli si bloccarono le parole in gola ma alla fine disse: “Sei morto per me…” e di nuovo si allontanò dall’altare. Il prete lo fermò di nuovo e gli disse: “L’hai promesso, tre volte”. Ritornò di nuovo con grande perplessità e iniziò a guardare la Croce, contemplando a lungo le ferite del Crocifisso. Poi andò verso il sacerdote e gli disse: “Padre, voglio confessarmi”.
Chi è capace di guardare al Signore Gesù Crocifisso per noi e non dire: “Abbi compassione, Signore, perché sono un peccatore”?[1]
Messaggio d’amore
La Croce non è soltanto una verità a se stante ma è anche una finestra attraverso la quale contemplare un’altra grande verità: l’amore di Dio per gli esseri umani: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Dio non è più silenzioso, non è più nascosto lontano dalla nostra sofferenza come in passato: “Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio d’Israele, salvatore” (Is 45,15). Dio ha rinunciato a essere nascosto e dalla croce ha mostrato il suo amore.
“In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10).
“Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is 53,4-5).
“Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20,28).
“Voi sapete che non a prezzo di cose effimere […] ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia” (1Pt 1,18-19).
“In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia” (Ef 1,7).
Dopo ciò hai avuto compassione di noi in quando Dio buono e amico degli uomini. Hai voluto salvarci dalla mano di colui che ci teneva prigionieri. Hai voluto farci ritornare di nuovo al Paradiso della delizia. Hai inviato i tuoi profeti ma non hanno potuto salvarci. Hai donato la Legge ma non è divenuta per noi un aiuto. Allora ti sei compiaciuto di tua volontà di donarti alla morte per noi e per la vita del mondo[2].
Un sacerdote andò un giorno a rendere visita a un uomo in fin di vita. Ovviamente non era in grado di ascoltare un’omelia prima di andare in cielo. Il sacerdote, allora, prese semplicemente una croce con sopra il Crocifisso, la avvicinò agli occhi del malato e gli disse: “Guarda quanto è grande l’amore di Dio per te”.
Quando Cristo è morto sulla croce fu come se ci dicesse: “Potete fare ciò che volte ma non riuscirete ad arrestare il mio amore per voi. Potete picchiarmi, schiacciarmi, fustigarmi, potete uccidermi sulla Croce, ma io non smetterò di amarvi. Questo è il mio grande amore per voi: ‘Padre, perdona loro’. Tutto ciò che è avvenuto sul Golgota è una finestra attraverso la quale riusciamo a vedere il cuore della persona che ama e soffre per noi. Gli uomini avevano offerto a Dio numerosi sacrifici per molti secoli. Sul Golgota, invece, abbiamo visto Dio offrire se stesso come sacrificio di riscatto per gli esseri umani: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13). Questo è l’amore di Dio per ognuno di noi.
Mi ama davvero?
Un pastore una volta raccontò: “La persona più felice che ho conosciuto era un uomo che a quindici anni si era fratturato la spina dorsale cadendo. Per quarant’anni rimase bloccato a letto. Probabilmente non è passato giorno senza che soffrisse di dolori lancinanti ogni qual volta provava a muoversi. Un giorno gli chiese un amico: ‘Il demonio non ti ha mai fatto la guerra cercando di farti dubitare di Dio, mettendoti in testa che è un Dio crudele?’. Gli rispose con spontaneità: ‘Sì, ci ha provato molto spesso. Quando mi sedevo e vedevo i miei vecchi amici di scuola uscire con le loro auto, satana mi diceva: ‘Se Dio è buono, perché ti ha lasciato per tutti questi anni bloccato a letto? Ora saresti potuto essere un uomo ricco alla guida di una limousine!’. Quando vedevo una persona che conoscevo dall’infanzia camminare in buona salute, satana mi bisbigliava all’orecchio: ‘Se Dio ti ama non poteva farti evitare questo destino doloroso?’. L’amico allora gli chiese: ‘Come rispondi a satana in questi casi?’. Rispose subito dicendo: ‘Lo porto sul Golgota e gli mostro Gesù. Gli indico le profonde ferite nelle mani, nei piedi e nel fianco e gli dico: ‘Esiste amore più grande di questo?’”[3].
Prezioso agli occhi di Dio
Così come la Croce ci mostra l’amore di Dio per noi, essa rivela anche quanto sei prezioso agli occhi di Dio. Se un uomo offre la sua vita per te, sarai certamente una persona importante. Se questa persona è Dio stesso, significa che sei estremamente importante. Così come giudichiamo il valore di un quadro dal prezzo pagato per acquistarlo così possiamo valutare noi stessi a partire dal prezzo di riscatto che Dio ha pagato per noi: “Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia” (1Pt 1,18-19).
Un bambino andò in chiesa per la prima volta. Era un venerdì santo. Ascoltò con molta attenzione il racconto della crocifissione del Signore Gesù e il suo grande amore per noi: come aveva sofferto per noi, come ci aveva perdonato i peccati offrendoci la vita eterna. Alla fine della liturgia del venerdì santo, le persone tornarono a casa. Questo bambino non capiva come fosse possibile che le persone andassero via come se non fossero interessati a ciò che avevano ascoltato. Allora, si mise a sedere su una sedia e iniziò a piangere. Gli si avvicinò il padre dicendo: “Figliolo, non devi farti coinvolgere così tanto, altrimenti la gente penserà che sei immaturo”[4].
Sembra che ciò sia quanto a volte accade a noi quando partecipiamo alla liturgia di questo grande giorno, anno dopo anno. Usciamo dalla chiesa come se avessimo assistito alla recita del venerdì santo, senza comprendere il valore della grande redenzione che Cristo ha realizzato per noi, il valore dell’amore che lo ha spinto a offrire se stesso per noi: “Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due [giudei e pagani] ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne […] per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia” (Ef 2,13-16).
anba Epiphanius
vescovo e abate del Monastero di San Macario il Grande
tradotto dall’arabo da: Anba Epiphanius, Mafahim ingiliyya, pp. 202-210
[1] Cf. Anthony M. Coniaris, Orthodoxy: A Creed for Today, pp. 131-132.
[2] Eucologio del Monastero bianco, ed. anba Epiphanius, Madrasat al-Iskandariyya, 2014, p. 110.
[3] Cf. Anthony M. Coniaris, Orthodoxy: A Creed for Today, p. 134.
[4] Cf. Anthony M. Coniaris, Orthodoxy: A Creed for Today, p. 146.
Ho avuto la grazia di ascoltarlo a Bose,in occasione di un convegno dedicato a Matta el Meskin.
Mi aveva colpito tanto la sua gioia interiore indice della presenza dello Spirito,che trasmetteva con il solo sguardo pacifico e cordiale.
Vi ringrazio della possibilità che date di accedere ai suoi scritti.
Care sorelle, grazie della vostra vicinanza. Il Monastero di San Macario chiede preghiere per i monaci e il monachesimo. Grazie!
Carissimi, a voi e ai fratelli del Monastero di san Macario la nostra vicinanza in questo momento di sconcerto e dolore per la scomparsa di questo grande discepolo di padre Matta. SIamo certe che la sua eredità non andrà perduta, ma porterà frutto a vantaggio dell’intera Chiesa che lui tanto ha amato e per cui ha vissuto. Unite a voi in Cristo, le sorelle carmelitane scalze di Sassuolo