Con quest’articolo Natidallospirito.com inizia a raccogliere una serie di meditazioni dei santi Padri sulla preghiera di Gesù, il Padre nostro. Iniziamo con la parola “Padre”, ovvero cosa significa pregare il Padre.
Perché il Salvatore ha detto: Quando pregate dite: Padre nostro; e un altro dei santi evangelisti aggiunge: che sei nei cieli (Mt 6,9). […] Egli ci dà la sua gloria. Egli eleva gli schiavi alla dignità della libertà. Egli corona la condizione umana con un onore che sorpassa il potere della natura. Egli ci porta a sperimentare quello che era stato detto nel tempo antico per bocca del salmista: Ho detto, voi siete dèi e tutti voi figli dell’Altissimo (Sal 81,6). Egli ci riscatta dalla misura della schiavitù dandoci con la sua grazia quello che possedevamo per natura e ci permette di chiamare Dio Padre, come ammessi al rango di figli. Abbiamo ricevuto questo, insieme a tutti gli altri privilegi, da lui. Uno di questi privilegi è la dignità della libertà, un dono che si addice particolarmente a coloro che sono stati chiamati ad essere figli.
Egli ci comanda dunque di prendere coraggio e di dire nella nostra preghiera: Padre nostro. Noi, che siamo figli della terra e schiavi soggetti per la legge di natura a colui che ci ha creato, chiamamo colui che è nei cieli Padre e, molto giustamente, egli ha reso capaci quelli che pregano anche di comprenderlo. Dal momento che chiamamo Dio Padre e siamo stati considerati degni di un onore così grande, dobbiamo condurre una vita santa e senza biasimo. Dobbiamo comportarci in modo gradito al Padre e non pensare o dire niente di indegno o di inadeguato alla libertà che ci è stata donata […]
Il Salvatore di tutti molto saggiamente ci permette di chiamare Dio Padre perché noi, sapendo bene di essere figli di Dio, possiamo comportarci in modo degno di colui che ci ha onorato. Allora egli riceverà le suppliche che noi offriamo in Cristo.
Cirillo di Alessandria
Commento a Luca, omelia 71
Prende avvio dalla testimonianza resa a Dio e dal merito della fede, quando diciamo: Padre nostro che sei nei cieli. Infatti preghiamo Dio e raccomandiamo la fede il cui merito sta tutto in questo nome di padre. E’ scritto: A chi avrà creduto in lui concederà la facoltà di essere chiamati figli di Dio. Infatti assai di frequente il Signore ha definito Dio col nome di Padre per noi, e anzi ha comandato di non chiamare in terra padre altri che il padre che abbiamo in cielo. Pertanto, pregando in tal modo, attendiamo il suo comandamento. Felici coloro che riconoscono il Padre! Questo è ciò che è rimproverato a Israele, per cui lo Spirito chiama a testimoni il cielo e la terra, dicendo: Ho generato dei figli ed essi non mi riconobbero (Is 1,2). Definendo Dio Padre, gli diamo anche un nome. Questo nome sta ad indicare pietà e potenza. Ugualmente, nel Padre viene invocato il Figlio. Infatti ha detto: Io e il Padre siamo una cosa sola. E neppure si tralascia la madre Chiesa, poiché nel nominare il padre e il filio, implicitamente viene evidenziata anche la madre, grazie alla quale hanno significato i nomi di padre e di figlio.
Tertulliano
La preghiera 2,1-6
Dio ha voluto essere chiamato Padre piuttosto che Signore per infonderci grande fiducia nel chiedere e grande speranza di ottenere ciò che chiediamo. Infatti i servi non sempre ottengono ciò che chiedono perché non sempre chiedono cose giuste secondo buona coscienza. Spesso non badano all’utilità del proprio signore ma alla loro; dunque non meritano di essere sempre ascoltati. I figlio invece vengono sempre ascoltati perché chiedono cose giuste con buona coscienza né badano al loro utile più che a quello del padre; per questo meritano sempre ascolto. E tu, se credi di essere figlio di Dio, chiedi ciò che a te giova ricevere e e che a lui è conveniente accordare: nel caso perciò che tu chieda beni carnali e terreni o sarà difficile che li ottenga o forse non li otterrai per niente. Come può Dio accordare volentieri a te che ne sei privo quei beni che, quando anche tu li abbia, sempre ti ammonisce a disprezzarli?
Anonimo
Opera incompleta su Matteo, omelia 14
Se quindi Dio è chiamato Padre, e figli coloro che sono stati generati dalla parola della fede in lui, pure non è possibile trovare presso gli antichi il concetto di una figliolanza vera e stabile. Gli stessi luoghi che abbiamo citato, quindi, dimostrano che quelli che si dicono figli sono sottomessi, poiché secondo l’Apostolo per tutto il tempo che l’erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, pure essendo padrone di tutto; ma dipende da tutori e amministratori, fino al termine stabilito dal padre (Gal 4:1-2). Ora, la pienezza del tempo è nella venuta del Signore nostro Gesù Cristo, quando coloro che vogliono ricevere l’adozione, come insegna Paolo con queste parole: E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà, Padre!” (Rm 8,15).
Origene
La preghiera 22,2