15 «Ora, se il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo; se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello; 16 ma se non ti ascolta, prendi con te ancora uno o due persone, affinché ogni parola sia confermata per la bocca di due o tre testimoni. 17 Se poi rifiuta di ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta anche di ascoltare la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano.
Matteo 18,15-17
Mt 18,15 sull’esporgli [ἔλεγξον] privatamente la colpa
Non dice [il Signore] “accusalo” o “puniscilo” o “portalo in tribunale”. Dice “correggilo”. Poiché egli è posseduto da una certa incoscienza, ed è ubriaco per la sua rabbia e disgrazia. Colui che è in salute deve andare da colui che è malato. Devi condurre il tuo giudizio di lui privatamente. Rendi la tua cura facilmente accettabile. Poiché le parole “correggilo” non significano altro che aiutalo a vedere la sua imprudenza. Digli cosa hai subito da parte sua. Cosa dunque se non vorrà ascoltare, se si ostina a infiammarsi? Chiama affianco a te qualcun altro o anche altri due, così che due testimoni possano corroborare tutto ciò che è stato detto. Poiché più lui è sfacciato e sfrontato, più devi essere zelante verso la sua cura. Ma attento: non verso la soddisfazione della tua rabbia o dei tuoi sentimenti feriti. Poiché quando un medico vede la malattia farsi cronica, non si mette in disparte così come non la tratta duramente ma si fa più zelante. Ecco ciò che Cristo ci ordina di fare. Se sei troppo debole da solo, allora diventa più forte con l’aiuto di altri. Due sono sufficienti per rimproverare il peccatore. Vedi come egli [il Signore] cerca l’interesse non solo della parte danneggiata ma anche di colui che ha causato il dolore? Poiché infatti la persona ferita può essere colei che è più di ogni altra prigioniera della passione. Diventa malato, debole, infermo. Questo sforzo può verificarsi molte volte, nel tentativo di guidarlo, prima da solo e poi con altri. Se persiste, compi lo sforzo con tutta la congregazione. “Dillo”, dice [il Signore] “alla chiesa”. Se avesse [il Signore] cercato il solo interesse del danneggiato, non avrebbe detto di avvicinarsi al malato settantasette volte. Non avrebbe tentato tante volte o portato così tanti medicinali per la malattia. Avrebbe potuto lasciarlo stare se avesse persistito a non volersi far correggere dal primo incontro. Ma invece egli ci mostra come cercare la sua guarigione una, due e molte volte: prima soli, poi con due, poi con molti.
San Giovanni Crisostomo (IV-V sec.)
Omelie sul Vangelo di Matteo, 60.1
Mt 18,16 Conferma da parte di due o tre testimoni
Se qualcuno ha commesso un’offesa contro di te che ti ha fatto soffrire, cosa bisogna fare? Hai già ascoltato la risposta nella Scrittura di oggi: “Se il tuo fratello pecca contro di te, va’ e digli il suo errore, tra te e lui”. Se non riesci a far questo, sei peggiore di quanto lui sia. Ha ferito qualcuno e nel ferire ha inferto a se stesso una grave ferita. Ignorerai, dunque, completamente la ferita di tuo fratello? Resterai a guardarlo inciampare e poi cadere? Ignorerai la sua condizione? Se è così, sarai peggiore nel tuo silenzio di lui nel suo abuso. Quindi, se qualcuno pecca contro di noi, abbiamo grande cura, ma non solo per noi. Poiché è cosa gloriosa dimenticare le ferite. Metti da parte la tua propria ferita, ma non essere negligente verso quella che si è autoinferto tuo fratello. “Va'” dunque “e digli la sua colpa, tra te e lui” deve mirare alla sua correzione ma avendo cura di fare attenzione al suo senso della vergogna. Poiché potrebbe accadere che, mettendosi sulla difensiva, egli inizi a giustificare il suo peccato. E così, tu l’avrai inavvertitamente spinto ancora più vicino a quel comportamento che tu desideri emendare. Dunque “digli il suo peccato, tra te e lui. Se ti ascolta, hai guadagnato tuo fratello” poiché avrebbe potuto smarrirsi, se tu non gli avessi parlato.
Sant’Agostino (IV-V sec.)
Sermone 82.7
18,17 Del dirlo alla chiesa
Se nostro fratello ha peccato contro di noi e ci ha causato danno in qualcosa, abbiamo il potere di lasciar cadere, ovvero l’obbligo di fare ciò dal momento che ci è ordinato di perdonare ai nostri debitori i loro debiti. Ma se qualcuno pecca contro Dio, non è in nostro controllo. Le divine Scritture dicono “Se un uomo ha peccato contro un uomo, il sacerdote pregherà per lui; ma se ha peccato contro Dio, chi intercederà per lui?” (cfr. 1Sam 2,25). Ma noi, al contrario, siamo indulgenti per un peccato contro Dio mentre agiamo con odio quando noi stessi siamo insultati. Tuttavia dovremmo immediatamente riprendere il nostro fratello, se una qualche volta ha perso la sua vergogna e innocenza, di modo che non resti nel peccato. E se ascolta, traiamo vantaggio dalla sua anima, e attraverso la salvezza di un altro anche noi acquistiamo salvezza. Ma se si rifiuta di ascoltare, dovremmo chiamare un fratello; e se non ascolta neanche lui, allora un terzo dovrebbe essere convocato nella speranza di correggerlo. Se anche allora si rifiuta di ascoltare costoro, bisogna dirlo alla congregazione, così che essi possano anatematizzarlo. Allora, colui che non si è potuto salvare per mezzo della vergogna possa essere salvato dalla loro sanzione. Ma dal momento che è detto “Sia per te come il pagano e il pubblicano”, ciò vuol dire che la persona che con il nome della fede compie le opere di un infedele in verità è più maledetto di coloro che sono apertamente pubblicani. I pubblicani, metaforicamente parlando, sono coloro che perseguono guadagni dal mondo secolare ed esigono tasse attraverso affari, frode, latricinio, crimini e falsi giuramenti.
San Girolamo (IV-V sec.)
Commento a Matteo 3.18.15-17
tradotto da Ancient Christian Commentary on the Scripture – Matthew 14-28 – pp. 76-78