«Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre esteriori; là sarà pianto e stridore di denti» (Mt 22,13)
Chi è meritevole di punizione e di giudizio, è condannato da colui che dice ai servitori (diversi dalle precedenti milizie [Mt 22,7]) perché, legate quelle mani e quei piedi, di cui non si era servito come avrebbe dovuto (non aveva né percorso il dovuto cammino, né compiuto le dovute azioni), lo gettassero non solo fuori dalla sala della festa nuziale, ma nelle tenebre esteriori, assolutamente prive di luce.
Trovatosi nelle tenebre esteriori, avrebbe avuto sete di luce, si sarebbe rivolto piangendo a Dio che può beneficarlo e trarlo fuori di lì, e avrebbe fatto stridere quei denti che hanno mangiato per malizia l’uva acerba e per questo si sono allappati. Allappati sono i denti di colui che ha mangiato uva acerba [cf. Ger 31,29; Ez 18,2]; e per uva acerba, anche in base a quel passo, si deve intendere la malizia di chi non è proteso verso il futuro [Fil 3,13], ma è fermo allo stesso punto, pur dovendo progredire verso la maturità e far diventare dolce l’uva della virtù.
Origene, Commento a Matteo, Libro XVII,24