Il cristianesimo è un prendere e un donare che si realizza su un piano spirituale: si prende da Dio per donare agli altri: “Chi crede in me […] dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva” (Gv 7,38). Ma né il prendere né il donare devono avvenire sul piano dell’ego. Non bisogna prendere per se stessi ma il prendere deve agevolare il rinnegamento di noi stressi e la rinuncia alle aspettative: “Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo” (Fil 3,7). Più prendiamo da Dio più dobbiamo spogliarci di noi stessi e dare agli altri. Noi non diamo da noi stessi perché non abbiamo niente da dare. Il cristianesimo non si completa se non a partire dal dare e dall’avere.
Lo Spirito Santo è un dono di Dio agli uomini. Tutti i nostri doni, le nostre potenziali e i frutti cristiani provengono dallo Spirito Santo. Ma Dio non ha donato lo Spirito Santo perché resti intrappolato nel nostro grembo: “Dal suo grembo sgorgheranno fiumi” (Gv 7,38). Prendere lo Spirito Santo e rinchiuderlo dentro di noi significa essere possessivi senza sapere che lo Spirito Santo non si fa imprigionare: “La parola di Dio non è incatenata!” (2Tm 2,9). O lo Spirito esplode nell’anima e straripa all’esterno come fiumi di acqua oppure la sua fonte nell’anima si secca e allora torniamo a vivere in un deserto, in grande siccità.
Ascoltiamo cosa dice sant’Agostino a questo proposito: “Se uno pensa che ciò che beve è soltanto per lui, non fluirà dal suo seno l’acqua viva; se si affretta, invece, a renderne partecipe il prossimo, allora, appunto perché scorre, la fonte non inaridisce”[1].
È possibile prendere solo se si è assetati: “Se qualcuno ha sete” (Gv 7,38). È possibile donare solo dopo essersi dissetati: “Chi crede in me […] dal suo grembo sgorgheranno fiumi” (Gv 7,38). Il dissetamento spirituale è uno stato della fede nel quale si giunge fino al grado dell’amore, vale a dire all’effusione dello Spirito Santo nel cuore. Quando l’uomo si disseta all’amore di Cristo e l’amore si consolida nel grembo non riesce a star fermo. L’amore divino non riesce a essere inattivo: deve operare e la prima opera dell’amore è il donarsi. Se ci riempiamo d’amore non siamo in pace fino a che non portiamo a compimento il nostro dono di noi stessi e il sacrificio dell’amore è donare senza limiti, un donare folle tanto che quasi accetteremo di farci uccidere purché gli altri si salvino.
Quando arriviamo a un grado corretto di donazione giungiamo al mistero dello Spirito Santo e penetriamo nella luce della Croce. Colui che non riesce a capire la necessità del donare nel cristianesimo e smarrisce il legame che tiene insieme il prendere e il donare è alienato rispetto alla verità dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo dà senso al donare nel cristianesimo! Lo Spirito Santo stesso è dono del Padre fatto a noi. Colui che prende dallo Spirito Santo riceve la forza del donare. Colui che vive nello Spirito vive in una donazione continua. Non possiamo vivere nello Spirito Santo e non donare.
[1] Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, Omelia 32,4 in Id. Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, Roma 2005,.p. 577.
Matta el Meskin
tratto da: “Paraklit” (Paraclito), in al-Ruh al-qudus al-rabb al-muhyi, pp. 446-448 (trad. dall’originale arabo)