Lo Spirito Santo può essere paragonato a un telescopio che rivela i misteri del cielo e ci convince della loro realtà senza rivelare se stesso. Guardando attraverso il cannocchiale vediamo il cielo con chiarezza, in tutta la sua bellezza e nel suo splendore, mentre i nostri occhi non vedono nulla della struttura del telescopio che non aggiunge né sottrae nulla alla stella che stiamo osservando. Siamo anzi convinti che sia il nostro occhio a contemplare direttamente la gloria celeste, poiché questo non coglie alcun mediatore tra lui e il cielo. Il ruolo del telescopio si limita a rivelare all’occhio umano la gloria del cielo. Lo Spirito Santo agisce allo stesso modo: glorifica il Cristo senza glorificare se stesso, spogliandosi di sé: «Non parlerà da se stesso […] Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà» (Gv 16,13-14) […]
Tuttavia, il nostro parallelo tra il lavoro dello Spirito Santo e il ruolo del telescopio rimane, dopo tutto, imperfetto, perché se il telescopio ci mostra un oggetto in una forma chiara e splendente, questo oggetto mantiene la sua distanza. Ci illudiamo di essergli molto vicini, quando in realtà, è lontano da noi centinaia di miglia. Ma lo Spirito Santo non ci mostra Cristo da lontano, e non rivela la verità della croce come qualcosa di estraneo a noi. Lo Spirito Santo ci porta, per così dire, a Cristo attraverso se stesso e, allo stesso modo, porta Cristo verso di noi. Così Cristo abita nel nostro cuore per mezzo dello Spirito Santo, così come noi riposiamo nel cuore di Cristo, sempre per mezzo dello Spirito Santo.
Con il suo reale abbassamento e per mezzo della sua natura divina, lo Spirito riduce la distanza spirituale che ci separa dalla santità di Cristo, anzi annulla completamente questa distanza. Ormai nulla ci separa da Cristo, né peccato, né debolezza, né morte, né qualsiasi altra potenza ostile o malefica.
Matta El Meskin
tratto da I cristiani d’Egitto nella vita e negli scritti di Matta El Meskin, Morcelliana, p.124-127