Non possiamo partecipare profondamente alla vita di Dio a meno che non cambiamo profondamente.
E’ dunque essenziale andare verso Dio di modo che Egli ci trasformi e ci cambi. Ecco perché, per cominciare, dovremmo domandare di convertirci. “Conversione” in latino significa un invertirsi, un cambiamento nella direzione delle cose. La parola greca, metanoia, indica un “cambiamento (meta-) della mente (nous)”.
Convertirsi significa che invece di menare le nostre vite guardando in tutte le direzioni, iniziamo a guardare in una sola direzione. E’ un cambiare direzione rispetto a moltissime cose che stimiamo soltanto perché le troviamo piacevoli o utili per noi.
La prima cosa che compie in noi la conversione è modificare la nostra tavola di valori: quando Dio è posto al centro di tutto, ogni cosa acquisisce una nuova posizione e una nuova profondità. Tutto ciò che è di Dio, tutto ciò che appartiene a Lui, è positivo e vero. Ogni cosa che è al fuori di Lui non ha né valore né senso.
Ma non basta un cambiamento di mente per parlare di conversione. Possiamo benissimo cambiare le nostre menti e non andare avanti; ciò che deve seguire è un atto di volontà e finché la nostra volontà non si mette in moto ed è diretta verso Dio, non ci sarà vera conversione; al massimo si tratterà solo di un incipiente, assopito e inattivo cambiamento dentro di noi.
Metropolita Anthony (Bloom) di Sourozh
tradotto dall’inglese da: Hugh Wybrew (ed.), Creative prayer,
Darton, Longman and Todd, p. 32