Per quel che riguarda la visione luminosa alla quale giungerebbe la preghiera di Gesù, possiamo distinguere quattro casi.
Anzitutto quello della percezione, attraverso organi naturali, di una luce prodotta in modo soprannaturale; questo è accaduto a santi e a peccatori.
Poi, molto al di sopra, come caso-limite, la percezione soprannaturale, ma non sensibile o fisica e quindi trascendente la normale psicologia, di una luce soprannaturale; è la luce della Trasfigurazione vista non attraverso gli organi normali, ma da occhi già trasfigurati.
Al grado più basso della scala, l’uso della parola “luce” è esclusivamente simbolico, perché il nome di Gesù diviene, in senso figurato, il sole dell’anima.
Tra questo caso e il primo considerato vi è ancora posto per un caso intermedio: la pratica costante o frequente della preghiera di Gesù può mettere l’orante in uno stato interiore abituale di “luminosità”. Anche se chiude gli occhi, ha l’impressione di essere penetrato da una chiarezza e di muoversi nella luce. E’ più che un simbolo; è però meno di una percezione sensibile e non è certamente un’estasi; ma è qualche cosa di reale, benché indescrivibile.
tratto da:
Un monaco della Chiesa d’Oriente, La preghiera di Gesù, Nova Millennium Romae, s.d., p. 121-122